Femminismo da non credere (introduzione)

Pubblico qui l'introduzione al mio libro di critica del femminismo radicale. Chi ne desiderasse avere una copia lo può avere scontato scrivere al mio indirizzo email: bruno.etzi@alice.it




Dai frutti si riconosce l’albero.

(Matteo 7:16-20)

 

Introduzione: Una verità rivelata

Nella prima serata del Festival della canzone italiana di Sanremo 2020 l'atmosfera è carica di pathos. La scrittrice e giornalista palestinese Rula Jebreal interviene come ospite.[1]Davanti a lei due futuristici leggii. Uno nero alla sua destra e uno bianco alla sua sinistra. Secondo Jebreal (leggio nero = la triste realtà) nei tribunali italiani regnerebbe l’abitudine di umiliare con “domande insinuanti” le donne che denunciano di essere state stuprate Prosegue il monologo alternando recriminazioni a famose strofe di canzoni dedicate alle donne (leggio bianco = il mondo ideale che vogliamo).

Da quanto scrivono i giornali, sembra che una ninfa Egeria, l'opinionista Selvaggia Lucarelli, abbia suggerito buona parte del discorso.[2] Senza citare alcuna fonte Jebreal inizia quindi a sciorinare dati da incubo: in Italia negli ultimi tre anni sarebbero 3 milioni e 150 mila le donne violentate nei luoghi di lavoro! Il suo fiero cipiglio rivela che crede sinceramente a ciò che dice. Dato che le italiane occupate, secondo l'Istat, sono circa 9,9 milioni, in tre anni quasi una lavoratrice su tre sarebbe dunque stata violentata sul posto di lavoro! Secondo i dati del Viminale però le condanne per stupro in Italia sono circa 1.500 ogni anno.[3] Nel 2016 i cittadini italiani incarcerati per violenza sessuale erano 1.828.[4] Il rapporto dell'associazione Antigone sulle condizioni carcerarie 2020 mostra che i reati di violenza sessuale sono recentemente scesi del 72,5%.[5] Resta quindi un mistero come la Jebreal possa conoscere, senza una sfera magica, le centinaia di migliaia di stupri non denunciati. Negli ultimi due anni, sempre secondo la Jebreal, 88 donne al giorno avrebbero subito abusi e violenze, «una ogni quindici minuti», aggiunge. Una ogni quindici minuti fa però 96 al giorno e non 88; 88 per 365 fa 32.120 donne abusate all'anno: una frazione quasi insignificante rispetto ai milioni evocati un attimo prima. L'assurdità e l'incoerenza delle cifre non viene notata. Tra il pubblico, che sembra preda di un'artificiale letargia, nessuno fiata. Una nebbia di parole si innalza e offusca il teatro. Il monologo continua con un pugno nello stomaco: il racconto della drammatica vicenda della madre della Jebreal che, vittima di stupro da parte del patrigno quando era adolescente, non essendo stata creduta aveva finito, anni dopo, per uccidersi dandosi fuoco. Da questa tragedia familiare, avvenuta in Israele, si dovrebbe dedurre che il mondo intero non sarebbe altro che una specie di inferno delle donne. Sulle pesanti discriminazioni subite dalle donne in molti paesi musulmani la Jebreal però tace.

Per la platea è ormai giunto il momento di esibire il proprio consenso e, senza nemmeno il plaudite cives di un suggeritore, un meccanico applauso risuona nell'arena. Anche i maschi, bollati come stupratori, si levano per battere le mani appagati e riconoscenti.

La Jebreal, pur ricca e famosa, si sente sinceramente parte di un'umanità oppressa. Come non capirla. I costruttori di ideologie finiscono sempre per credere in ciò che hanno immaginato. Verrebbe da dire con Tacito: Fingebant, simul credebantque. La realtà deve piegarsi all'immaginazione e prestarle un corpo. Una volta che l'illusione prende il posto del vero occorre sviluppare tutte le conseguenze. Il femminismo non è disposto ad ascoltare nulla che non sia il suo stesso verbo. Non accetta una realtà diversa da come la dipinge. La verità è un servo che si può comandare a piacere.

I numeri della Jebreal, anche se pochi lo sanno, sono grosso modo il ricalco di quelli che le femministe radicali americane avevano divulgato decine di anni fa e da allora vengono ripetuti ad nauseam dalle loro sodali in tutto il mondo. La diffusione delle ideologie necessita di menti poco istruite, incapaci di notare l'incongruenza tra ciò che viene loro detto e ciò che vedono coi propri occhi. Di fronte alle astrazioni, alle verità rivelate, l'intelligenza ordinaria va in acqua. L'idea propalata dalla Jebreal del rapporto uomo-donna come puro dominio, per quanto assurda, può comunque apparire verosimile come prodotto televisivo e narrazione del potere.

Il senso ultimo della predica sanremese è ben riassunto dal filosofo Diego Fusaro in un'intervista a Radio Radio[6]: «Il maschio, colpevole in quanto tale, deve essere sanzionato e discriminato, perché la nostra deve essere l’epoca senza uomini e senza padri». Il coraggioso Fusaro osa denunciare la nascita di un vero e proprio razzismo di genere:

Il nuovo razzismo di genere è addirittura fomentato a piè sospinto. Perché oggi si può benissimo dire che la donna è superiore all’uomo, che il genere femminile dominerà il futuro e che l’uomo in quanto tale è superato da un certo punto di vista. Il nuovo spirito del capitalismo è femminilizzato, coerente con il nuovo ordine erotico.

L'apostolato dell'amore è un compito proibitivo. L'amore si accende e si spegne da sé e non si lascia determinare dall'esterno. Per quanto importanti e carismatiche personalità ci abbiano provato, i tentativi di far fremere d'altruismo il cuore umano sono sempre stati piuttosto fallimentari. Checché se ne cianci, il cuore è tipicamente freddo ai pungolamenti dei filantropi. La diffusione dell'odio come strumento di mobilitazione politica è invece ampiamente riuscita in molte epoche. Non è stato difficile destare abominio verso gli ebrei o i pellerossa o gli armeni, solo per ricordare qualche esempio.

Se i nostri antenati non potevano sapere con esattezza le conseguenze dell'acquiescenza nei confronti dell’ostilità verso un gruppo, noi, alla luce dei tragici eventi del ’900, lo sappiamo benissimo. È dunque molto importante comprendere le ideologie dell'odio per cercare di limitare i loro effetti tossici. Il femminismo radicale è chiaramente una di queste.

La donna occidentale ha raggiunto da decenni la completa parità dei diritti ma ciò, anziché condurre allo scioglimento dei movimenti femministi, ha visto sorgere in questi ultimi una rinnovata sete di sangue. Con la scusa di colpire un fantomatico patriarcato, è iniziato un infinito processo di empowerment che, strumentalizzando le istanze (vere o finte, soprattutto finte) delle donne, mira a distruggere le ultime vestigia della famiglia, degradare il valore della maternità e azzerare ogni principio etico della tradizione cristiana.

Nella loro semplicità le femministe non riconoscono il ruolo che il Cristianesimo ha storicamente avuto, soprattutto nell’era antica, nell’elevare lo status sociale delle donne. «Il corpo è mio e non di quel porco di Dio»[7] si poteva leggere negli striscioni del corteo femminista milanese dell'8 marzo 2019. Ogni anno in Argentina in occasione dell'8 marzo gruppi di femministe a seno nudo sputano sui cattolici che, disponendosi in cordoni umani, cercano di difendere le chiese. Nel 2017 orde di militanti hanno cercato di bruciare la cattedrale di Buenos Aires e inscenato l'aborto di una donna che impersonava la Madonna.[8] Nel settembre del 2019 frotte di esaltate hanno tentato di dare fuoco alla Cattedrale Metropolitana di Città del Messico.[9]

Da quando il femminismo è diventato dottrina ufficiale delle classi dirigenti occidentali, vale a dire da alcuni decenni, è stato perseguito un progetto di galoppante omologazione dei ruoli sessuali. Maschio e femmina devono essere indifferenziati e interscambiabili. Per annullare le differenze è stato necessario procedere a una crescente denigrazione dei ruoli sessuali tradizionali. La maschilità è stata messa sotto processo e condannata senza attenuanti.

Quella femminista radicale è una concezione sclerotica che fa dell'elemento sessuale (comune a tutti gli animali) l'essenza qualificante dell'umano, e spacca la stessa umanità in due entità metafisiche (maschile e femminile) perennemente in guerra. Lo stato immaginato da George Orwell in 1984 per poter esistere ha uno struggente bisogno di un “nemico del popolo”, un Emmanuel Goldstein da stanare e distruggere. Il Goldstein del moderno femminismo è il padre di famiglia, maschio-bianco-eterosessuale, inteso come bieco organizzatore di un sistema vessatorio verso le donne.

Che le donne abbiano ampiamente superato il gap formativo con gli uomini (oggi il livello di scolarizzazione femminile supera quello maschile), che il numero delle laureate sia centuplicato negli anni e quello delle donne in posizione apicale nel mercato del lavoro sia in continua crescita, che i guadagni medi delle lavoratrici siano quasi in linea con quelli maschili,[10] non significa nulla per il femminismo organizzato. L'esistenza di un sistema patriarcale è un atto di fede e non ammette dubbi.

Chi però non si è ancora piegato alla “verità femminista” i dubbi li serba eccome. Proprio a questo proposito la filosofa Claudia Mancina ha ricordato, riprendendo un testo della statunitense Jean Bethke Elshtain, i tratti storici della società patriarcale:

Il potere assoluto del padre, lo stato di sudditanza di donne e figli, l'esclusivo diritto all'eredità, all'istruzione e alla vita pubblica dei figli maschi, mentre le figlie femmine sono tenute fuori dall'istruzione e sposate d'autorità, la pervasività dell'ideologia patriarcale, che comprende anche la monarchia assoluta.[11]

Come si può definire “patriarcale” l'attuale società del tutto priva di questi elementi? La famiglia patriarcale, secondo l’antropologo statunitense Lewis Henry Morgan

appartiene al periodo superiore della barbarie, e perdurò per un certo tempo all’inizio della civiltà. I capi, almeno, vivevano in poligamia. Ma questo non era il principio determinante dell’istituzione patriarcale. L’organizzazione di un certo numero di persone, schiave o libere, in una famiglia, sotto il potere paterno, allo scopo di lavorare la terra, e di custodire le greggi e le mandrie: ecco la caratteristica di questa famiglia.[12]

Secondo Morgan il sistema patriarcale fu dunque tipico delle antiche società semitiche e di quelle greca e romana. Parlare ancora oggi di un operante sistema patriarcale è dunque una colossale opera di disinformazione. Pura propaganda ideologica.

Nella storia le rimostranze a favore delle donne sono giunte sia dalle donne stesse che dagli uomini. Fu, ad esempio, il filosofo Nicolas de Condorcet, all'inizio della Rivoluzione francese, a lanciare per primo un manifesto sul diritto di voto per le donne. Tuttavia per il femminismo radicale l'unica chiave interpretativa della storia umana è quella della “dominazione maschile”, premessa dogmatica di ogni riflessione. Ha scritto a questo proposito la filosofa Bérénice Levet:

A partire da questa premessa, tenuta per assioma, l'ideologia deduce tutto il resto, proponendo così un resoconto di una coerenza che «non si incontra da nessuna parte nella realtà». Il reale deve accedervi volontariamente o con la forza. Ma è in questo modo che esercita la sua seduzione, la narrazione ideologica offre davvero qualcosa di tremendamente confortante per la mente umana: «permette di spiegare tutto fino al minimo evento».

Tutto questo ha però un prezzo, per poter spiegare tutto in tal modo bisogna «affrancarsi dall'esperienza», emanciparsi da tutta la realtà percepita coi nostri cinque sensi e affermare l'esistenza di una realtà “più vera” nascosta dietro le cose percepite.[13]

L'ideologia, nel senso suggerito da Hannah Arendt, è “la logica di un'idea” e non ha quindi nulla da apprendere dall'esperienza.[14] La multiforme complessità dei rapporti umani viene azzerata nel letto di Procuste della “dominazione maschile” e della conseguente “sottomissione femminile”.

Gli uomini scelgono prevalentemente i rami tecnologici delle Università mentre molte donne preferiscono Scienze dell'educazione e Lettere; sono quasi sempre uomini quelli che scelgono di fare i muratori o gli elettricisti e sono per lo più donne a optare per i mestieri di insegnante o estetista; tra i calciatori sono gli uomini a prevalere, mentre le donne sono maggioranza nella ginnastica artistica. Tutte scelte libere e legittime ma che oggi sono etichettate come frutto di una larvata costrizione.

Per l'ideologia femminista i nostri comportamenti non hanno alcuna relazione con la biologia e la genetica. Le donne, le cui tendenze e aspirazioni sarebbero perfettamente uguali a quelle maschili, sono considerate incapaci di scegliere bene perché obnubilate dall'imperante “sistema patriarcale”. Di conseguenza deve essere lo stato a scegliere per loro, guidandole “benevolmente” verso i loro “autentici interessi”. Ogni tipo di pressione psicologica è dunque giustificata al fine di indurre le donne a comportarsi secondo i “giusti canoni”. Non importa se il risultato è una società di plastica in cui le legittime vocazioni sono brutalmente coartate.

In un'epoca dove tutto appare relativo, le idee del femminismo radicale sono spesso propalate come verità assolute e indiscutibili. I nuovi preconfezionati modelli umani appaiono più coercitivi e vincolanti di quelli che si intende sostituire. L'umanità, intesa come una pasta malleabile, deve essere categoricamente rieducata come androgina e indifferenziata.

Il contrasto del maschilismo, di per sé giusto, è stato trasformato in una “guerra al maschio” che ha generato una spirale di odio e di soprusi istituzionali. Quest'odio si contorce nei meandri del nostro vivere sociale e dunque nella mente e nel cuore degli uomini e delle donne.

Per farla breve possiamo dire con il giudice spagnolo Francisco Serrano che con candide manine le femministe

iniziarono a lottare per smettere di essere dominate e poter dominare, per smettere di essere oppresse e poter opprimere, per smettere di essere ingannate e poter mentire, per smettere di essere schiavizzate e poter schiavizzare, per smettere di essere maltrattate e poter maltrattare, per smettere di essere assassinate e poter assassinare con la stessa impunità, la stessa compiacenza e tolleranza, o persino maggiore, di quella che si rimproverava all'altro sesso.[15]

Il separatismo femminista viene strumentalizzato e quindi alimentato dalla dominante ideologia neoliberista che desidera il frazionamento della società in gruppi in perenne conflitto (maschi contro femmine, vecchi contro giovani, genitori contro figli). Ogni gruppo deve lottare, proprio come le aziende nel mercato, per affermare contro gli altri le proprie specifiche rivendicazioni, etichettate come diritti. La molestia sessuale deve apparire più scandalosa della precarizzazione o dello sfruttamento dei lavoratori. In tal modo le conquiste fondamentali (livello delle retribuzioni, garanzia del posto di lavoro, sicurezza, pensione, ecc.) possono essere cannibalizzate senza troppo clamore.

Trovare un capro espiatorio da incriminare è un metodo molto efficace per spaccare una comunità. La sociologa Christina Hoff Sommers, ricercatrice dell’American Enterprise Institute, ha scritto:

Una volta che mi abituo a considerare le donne come un genere soggiogato, sono sempre allarmata, arrabbiata, e colma di risentimento verso gli uomini come oppressori delle donne. Sono anche preparata a credere al peggio riguardo a loro. Sarei perfino pronta a inventarle le atrocità.[16]

Il femminismo, con il suo carico di acredine e di ringhioso vittimismo, sta promuovendo a macchia d'olio in tutto il mondo occidentale continue discriminazioni legali contro gli uomini. Questo favorisce il moltiplicarsi di maschi antifemministi e addirittura misogini. Molti hanno ormai rinunciato a formare una famiglia stabile, l'unica istituzione che ha garantito sinora un certo grado di felicità, di armonia sociale e di protezione fisica e psicologica dei figli.

Dove il femminismo ha vinto, ad esempio in Svezia, i rapporti umani si stanno ormai rarefacendo: metà delle persone vivono da sole e un quarto muoiono nella solitudine più completa. Intanto tra il 1980 e il 2009 il consumo di Prozac, un potente antidepressivo, è cresciuto del 1000%.[17] In Svezia il femminismo è un tarlo talmente opprimente che nel 2018 un docente di neurofisiologia che aveva detto a lezione che le differenze tra maschio e femmina sono biologicamente fondate, è stato messo sotto indagine e minacciato di licenziamento per antifemminismo.[18]

Come ha documentato Erik Gandini nel suo film La teoria svedese dell'amore (2015), nei condomini svedesi i vicini si accorgono che qualcuno è morto soltanto quando il fetore pervade la tromba delle scale. Un ente statale è impiegato per sgomberare i cadaveri, compresi quelli dei frequenti suicidi.

“Chi va da solo va col diavolo”, dicevano saggiamente i medievali. L'individualità, intesa femministicamente come indipendenza economica ed emotiva, è diventata il valore regolatore della vita degli svedesi. Tutti devono essere indipendenti, i figli dai genitori, i genitori dai figli, le donne dagli uomini. Senza legami, come ha sottolineato anche Zygmunt Baumann, non può però esistere dialogo. Così, lentamente, la capacità di socializzare, di patteggiare la convivenza con gli altri, si sta deteriorando. Le donne possono acquistare lo sperma per evitare la fatica di una relazione. Possono scegliere il colore della pelle, degli occhi, l'altezza, il livello di intelligenza del figlio. Il kit arriva per posta. Basta scaldare il contenuto di una busta con le mani, caricarlo in una siringa, sdraiarsi su un letto e iniettarlo in vagina. Il bambino è ormai un prodotto commerciale.

Lo sforzo di uniformare i sessi, come aveva a suo tempo denunciato Alexis de Tocqueville, finisce per degradarli entrambi.[19] «Una donna ha bisogno di un uomo come un pesce di una bicicletta», declamano da decenni le femministe. La nuova donna-femminista deve essere emancipata, detentrice di nuovi (pseudo) diritti di cui nessuno aveva mai sospettato l'esistenza. Libera soprattutto dalla famiglia e dai figli, visti come una trappola che impedisce la sua realizzazione professionale. Aver avuto accesso ai ruoli e ai lavori tradizionalmente maschili costituisce per lei l'apice della soddisfazione. Veste come un uomo, si comporta come un uomo, pensa come un uomo, senza scomodarsi a distinguere tra ciò che è buono e ciò che è cattivo del maschile. Non può offrire nessun contributo originale perché non possiede più una propria identità e specificità. Sempre in forma, anche grazie alle terapie ormonali, è diventata la consumatrice perfetta.

Dall'altro lato l'uomo virile, orgoglioso, competitivo, coraggioso, razionale, energico e risoluto è disprezzato perché trabocchevole di ogni male. Al suo posto è sorto un uomo dolce, soave, collaborativo, delicato, efebico, umile, insensibile alla bellezza femminile e floscio come una vescica di strutto. L'uomo del femminismo è, dunque, la negazione vivente dell'erotismo e della polarità maschio-femmina che alimenta lo scorrere della vita.

Sulla scia delle teorie comuniste di Friedrich Engels, il quale aveva scritto che «la moderna famiglia singola è fondata sulla schiavitù domestica della donna, aperta o mascherata»,[20] il femminismo ha ridotto l'idea della famiglia a un atto di pura sopraffazione dell'uomo sulla donna, negando l'esistenza di un progetto comune, di ogni amore e affetto.

Se un tempo il non aver avuto figli era vissuto con vergogna oggi è spesso considerato motivo di orgoglio. Quando il femminismo vince l'erotismo avvizzisce e la fertilità crolla. La stessa immagine della donna-madre è ormai diventata un tabù. L'icona di una madre che regge in braccio un bimbo in fasce dell'app Immuni contro il coronavirus è stata subito sostituita a causa delle feroci proteste delle femministe italiane con in testa le politiche Paola Concia e Laura Boldrini[21] che l'hanno definita “sessista” e “fuori dal tempo”. Proprio ciò che permette l'esistenza dell'umanità, la cura delle madri per i neonati, è ormai ritenuto soltanto un “insopportabile stereotipo”.

Su un punto Boldrini e Concia hanno però ragione: la maternità sta davvero divenendo un anacronismo. La situazione è così grave che l'evaporazione di intere nazioni potrebbe avvenire nell'arco di alcune generazioni. Secondo i dati Eurostat, nel 2018 nell’Unione europea ci sono stati più decessi che nascite. L’Italia ha il tasso di natalità più basso tra i 28 stati membri:

Tra gli Stati membri, i più alti tassi di natalità nel 2018 sono stati registrati in Irlanda (12,5 per 1.000 abitanti), Svezia (11,4 ‰), Francia (11,3 ‰) e Regno Unito (11,0 ‰), mentre i più bassi sono stati registrati in Italia (7,3 ‰), Spagna (7,9 ‰), Grecia (8,1 ‰), Portogallo (8,5 ‰), Finlandia (8,6 ‰), Bulgaria (8,9 ‰) e Croazia (9,0 ‰). A livello UE, il tasso di natalità è stato di 9,7 per 1.000 abitanti.[22]

In Europa nel suo complesso nascono 1,58 figli per donna, mentre il tasso di mantenimento della stessa popolazione è di 2,1. Nel 2016 il tasso di nascite in Italia era di 1,3 figli per donna.[23]

All'orizzonte la minaccia di un mondo disfatto, con molti più vecchi che giovani. C'è motivo di essere preoccupati.



[1] Secondo il Corriere della Sera il cachet della Jebreal sarebbe stato di 20 o 25 mila euro, di cui metà sarebbe stato devoluto in beneficienza. Fonte: https://www.corriere.it/spettacoli/festival-sanremo/cards/sanremo-2020-cast-compensi-300mila-benigni-500-amedeus-140-georgina/rula-jebreal-2025mila.shtml

[2] https://www.liberoquotidiano.it/news/sanremo2020/13560595/sanremo-2020-rula-jebreal-selvaggia-lucarelli-scritto-monologo-esperta-zoccolag.html

[3] https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_settembre_01/dossier-viminale-2438-denunciati-stupro-o-abusi-cd55498e-8e88-11e7-ae8d-f3af6c904a41.shtml

[4] https://www4.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-percorso-giudiziario/detenuti

[5] Il Carcere al tempo del Coronavirus, p.52 - https://www.antigone.it/upload/ANTIGONE_2020_XVIRAPPORTO%202.pdf

[6] https://www.youtube.com/watch?v=-c3kNeDqR-M

[7] https://www.ilgiornale.it/news/politica/bestemmie-e-insulti-choc-contro-salvini-durante-festa-donna-1659439.html

[8] https://www.tempi.it/videogallery/argentina-femministe-cercano-di-bruciare-la-cattedrale/

[9] Matteo Orlando, “Messico, femministe pro aborto tentano di incendiare una Cattedrale”, Il Giornale, 30 settembre 2019.

[10] Nel 2002 negli USA erano il 92% di quelli maschili. Vedi: C. Seipp, Then and Now, Women's Progress, 1960-Present, Indipendent Women Forum, ottobre 2002 - Cit. in: Alessandra Nucci, La donna a una dimensione, Marietti, 2006, p.226.

[11] Claudia Mancina, Oltre il femminismo, il Mulino, Bologna 2002, p.25.

[12] Lewis Henry Morgan, La società antica, o ricerche sulla linea del progresso umano dallo stato selvaggio, attraverso la barbarie, alla civiltà, Feltrinelli, 1981, p.352.

[13] Bérénice Levet, Libérons-nous du féminisme. Nation française, galante et libertine, ne te renie pas!, Ed. de l’Observatoire/Humensis, 2018, p. 64.

[14] In questo libro userò la parola ideologia sempre in questa accezione negativa, pur consapevole che il termine può essere inteso anche in senso positivo (come fa ad esempio Gramsci) come «concezione del mondo». L’ideologia di cui parlo è uno «strumento di indottrinamento di massa».

[15] Francisco Serrano, La Dictatura de genero, Almuzara, 2012, p. 26.

[16] Christina Hoff Sommers, Who stole feminism?: How Women Have Betrayed Women, Simon & Schuster, 1994, p.42.

[17] https://www.dailymail.co.uk/health/article-2356902/Prozac-Nation-Use-antidepressants-UK-soared-500-past-20-years.html

[18] https://www.tempi.it/svezia-vietato-insegnare-che-uomini-e-donne-sono-biologicamente-diversi/

[19] Alexis de Tocqueville, Scritti Politici vol.2, La democrazia in America, UTET, 1968, p.704.

[20] Friedrich Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Editori Riuniti, Roma, 1963, pag. 101.

[21] Cristina Gauri, “Immuni, via il disegno “sessista” dall’applicazione: 'Offende le donne'. Ma è una madre con un bimbo, Il primato nazionale, 3 giugno 2020. https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/immuni-disegno-sessista-applicazione-offende-donne-madre-bimbo-158656/

[22] https://www.eunews.it/2019/07/10/popolazione-unione-europea/119008”

[23] https://www.lastampa.it/cultura/2017/11/29/news/qual-e-il-paese-in-cui-nascono-meno-bambini-1.34393235

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