Il Medioevo. L’impero, il feudalesimo e le monarchie

L’idea di Medioevo è nata fin dall’inizio allo scopo di designare (...) un’epoca negativa. Gli artisti e i letterati del Rinascimento che si opponevano all’arte “moderna” (da loro stessi battezzata “gotica”, cioè barbara), i protestanti interessati a denigrare un’epoca in cui il papa aveva effettivamente diretto la società europea, gli illuministi in lotta contro la monarchia assoluta e il sistema feudale, avevano tutti interesse a dipingere il passato con i toni più cupi, mettendola in contrasto con la loro epoca di progresso (A. Barbero, http://www.zenit.org/it/articlesk/il-Medioevo  -un-epoca-costellata-di-ombre-che-ha-prodotto-eminenti-bagliori-di-luce)

Il Medioevo (media aetas) è stato un periodo molto lungo, ed è del tutto fuorviante immaginarlo in modo preconcetto come un’epoca immobile, oscura, barbara. Il Medioevo è stato in realtà un periodo magmatico, una collana di epoche differenti caratterizzate da cambiamenti, innovazioni e dal faticoso sorgere di nuovi modelli di pensiero.
L'inizio del Medioevo è convenzionalmente fatto coincidere con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 d.C.
La parte europea dell'Impero romano fu sostituita dai regni romano-barbarici (o latino-germanici). Questi regni non conobbero la separazione dei poteri, che erano concentrati tutti nelle mani del re per diritto di conquista. La cosa pubblica tendeva così a confondersi con la sua proprietà personale.
Dopo il crollo dell'Impero Romano era avvenuto un notevole calo della popolazione europea, anche a causa di un peggioramento generalizzato del clima e della conseguente diminuzione dei prodotti agricoli.
Questa crisi demografica durò per alcuni secoli e fu solo a partire dalla seconda metà del secolo VIII che la popolazione riprese, anche se lentamente, a crescere. Solo alla fine dell’Alto medioevo (476-1000) la crescita demografica assunse toni più decisi.

Carlo Magno fonda un nuovo impero
Con il re dei Franchi Carlo Magno si rinnova l'idea dell'impero, che si fondava ora sui pilastri della religione Cristiana e faceva riferimento al papa romano piuttosto che all'imperatore d'Oriente. In origine Carlo era il re dei Franchi (dal 768 all’814), una popolazione germanica molto bellicosa che si era stabilita nell’Europa romana. I Franchi godettero di un vantaggio sulle altre popolazioni germaniche perché si convertirono direttamente al cattolicesimo, conquistando l’amicizia del papato. Le altre popolazioni che si erano cristianizzate avevano aderito, almeno inizialmente, alla dottrina cristologica chiamata arianesimo, che poneva Cristo su un gradino di inferiorità rispetto al Padre. Dopo una lunga serie di guerre di conquista contro i Longobardi (che dominavano buona parte dell'Italia), gli Avari, i Sassoni e gli Arabi di Spagna, i domini di Carlo furono estesi a quasi tutta l'Europa occidentale. Carlo, dopo una guerra durante 30 anni, costrinse con la forza i Sassoni, che erano ancora pagani, a convertirsi al Cristianesimo. Con lui fa capolino l’idea di Europa.
Nel 799 Carlo aveva favorito il reinsediamento per reinsediare al trono il papa Leone III, che era stato cacciato da Roma dai nipoti del defunto papa Adriano I. L’anno dopo si recò a Roma per risolvere il contenzioso tra il papa e i suoi oppositori e si schierò a favore del primo. Nella notte di Natale dell'800 Carlo fu incoronato imperatore dal papa. Questa incoronazione simboleggiava la dipendenza dell'imperatore dal papa. Infatti il biografo Eginardo afferma che se Carlo avesse saputo che il papa voleva incoronarlo, quel giorno non sarebbe andato in chiesa.
Con Carlo Magno si realizza un grandioso tentativo di conferire unità giuridica e amministrativa all'Europa occidentale. Le leggi emanate dal sovrano (capitularia) valevano per tutto il territorio senza eccezioni, affiancandosi alle leggi specifiche di ogni etnia. Carlo avocò al solo sovrano il diritto di battere moneta, facendo coniare il denaro d'argento che fungeva da moneta unica del tempo; istituì delle scuole per la formazione del clero che avrebbe avuto il compito di educare e orientare i sudditi. Dato che le Bibbie del tempo erano in molti punti discordanti, Carlo chiese a due intellettuali, Alcuino e Teodulfo, di stabilire un testo unico e definitivo della Bibbia. Scelse inoltre un nuovo carattere (minuscola carolina) per la produzione dei libri, che favoriva una più facile lettura. L'Europa stava maturando una rinnovata identità
Nel Medioevo papato e impero aspiravano ad impadronirsi di un potere universale. L'imperatore non era una figura puramente politica, circondato com’era da un’aura di sacralità; il papa, oltre che un capo religioso, era anche un re (lo è stato sino al 1870, anno della breccia di porta Pia). Lo Stato della Chiesa era nato con le donazioni del re dei Longobardi, Liutprando, (728, Donazione di Sutri), di Pipino il Breve (padre di Carlo Magno) e dello stesso Carlo Magno, e si era ingrandito con successive donazioni.



In tutta la sua estensione l'Impero era suddiviso in circa 200 contee (una sorta di province), amministrate da conti (ovvero gli uomini di fiducia del re) e da un gran numero di vescovati. La contea, quale circoscrizione fondamentale, corrispondeva generalmente, al territorio di un'antica città romana e alle zone circostanti, mentre nei nuovi territori, erano state costituite delle marche ovvero dei territori amministrati da dei marchesi che erano sia capi politici che militari impiegati anche nella difesa del confine, o dei ducati ovvero un insieme di terre appena conquistate e governate da un duca.

Alla morte di Carlo Magno l'Impero passò a suo figlio il re d'Aquitania Ludovico il Pio e poi, dopo una guerra iniziata con la morte di quest’ultimo (840), venne diviso tra i suoi eredi, frammentandosi irreversibilmente (pace di Verdun, 843) in tre parti:
  • Regnum Italicum e Lotaringia sotto Lotario;
  • Regnum Teutonicorum sotto Ludovico;
  • Regnum Francorum sotto Carlo il Calvo.






La divisione dell'impero col trattato di Verdun

La parte occidentale avrebbe dato origine alla monarchia francese e quella orientale all’impero germanico. Alla Lotaringia, la parte centrale, spettava il titolo imperiale e il Regno d'Italia, che designava un territorio dai confini non ben definiti, ancor oggi oggetto di discussione da parte di alcuni storici, ma che comprendevano territori del nord e del centro Italia appartenuti al regno longobardo del secolo VIII. Con la deposizione di Carlo il Grosso (877) il titolo imperiale rimase vacante per lunghi periodi. Con l'indebolimento della Lotaringia i territori del Regno d'Italia finirono in una sorta di anarchia feudale, dominata dai signori locali. «Nelle terre dell’ex impero carolingio, come peraltro in tutta Europa, il potere imperiale e regio si indebolisce sempre di più, mentre emergono altri e più forti potentati locali: i signori feudali» (A. M. Banti, Il Senso del tempo).

Il sistema vassallatico
Una delle soluzioni che maggiormente ebbero successo nel regno dei Franchi e che ne favorirono la straordinaria affermazione militare nell’Europa del tempo fu la formalizzazione dei rapporti vassallatico-beneficiari. (…) Si trattava di un contratto stretto liberamente tra due persone una delle quali si impegnava alla fedeltà, l’altra al mantenimento. Con il giuramento di fedeltà il vassallo (dal termine latino vassus, servitore, derivato dal celtico gwas, ragazzo) entrava nella clientela del potente; questi si impegnava a mantenerlo, o direttamente nella propria casa oppure indirettamente, concedendogli fonti di reddito quali terre o incarichi da cui discendeva un reddito. L’oggetto di tali concessioni fu chiamato con il termine latino beneficium, al quale nel tempo si sovrappose o si sostituì un altro termine di origine germanica: feudum (Massimo Montanari, Storia Medievale, Mondolibri, p. 67).

Nascita del sistema feudale (o curtense)
Nell’877 Carlo il Calvo, nipote di Carlo Magno e re dei Franchi occidentali, aveva emanato il capitolare di Quierzy che rendeva ereditari i grandi feudi. Il potere passava generalmente al maggiore dei figli maschi (legge salica), ma la consuetudine non durò per sempre. In Inghilterra, ad esempio, diventò norma dal XVI secolo che anche le donne salissero al trono. Ricordiamo il noto caso di Elisabetta I (1559-1603). 



Nel 1037 l’imperatore Corrado II di Franconia emanò la Costitutio de Feudis, una legge che estendeva il diritto di trasmettere il feudo in eredità anche ai piccoli feudatari, i valvassori. Corrado aveva emanato la Costitutio per accattivarsi le simpatie di questi ultimi e riuscire (pur fallendo in questo proposito) a riconquistare il governo di Milano.
L'ereditarietà dei feudi provocò l'indebolimento dell'impero e la nascita della signoria di banno, favorita anche dal fenomeno dell’incastellamento (la costruzione di castelli in pietra), provocato principalmente dalle invasioni di popolazioni provenienti dal nord e dall'est dell'Europa, ma anche dal desiderio di dotarsi di strumenti militari utili ad allargare il proprio territorio a danno dei vicini. Questa trasformazione causò un notevole allentamento dei legami di dipendenza dei vassalli dal signore. Per evitare scontri coi vassalli i re carolingi concessero anche le cosiddette «immunità», cioè l'esenzione dal controllo fiscale e giuridico del territorio vassallatico. In tal modo la riscossione dei tributi e l'amministrazione della giustizia venivano controllate dal feudatario. Quindi l’autorità del sovrano e le sue prerogative di governo vennero meno con il moltiplicarsi dei poteri locali.
«La frammentazione dell'impero di Carlo Magno ebbe conseguenze importanti anche per l'economia europea. Nel corso dell'Alto Medioevo venne gradualmente a cessare la riscossione del cosiddetto "prelievo", la pesante imposta fiscale sulla proprietà fondiaria che, a partire dal III secolo, aveva rappresentato la primaria fonte di entrata per l'impero romano e per i regni successivi. Finalmente libere dalla pressione fiscale, le aristocrazie locali, composte da grandi proprietari fondiari, sia laici sia ecclesia­stici, poterono disporre di maggiori ricchezze (…).


Tra VIII e IX secolo, seppure con caratteri distinti nelle diverse aree d'Europa - dap­prima nella regione nord-occidentale tra Loira e Reno, e soltanto dopo la conquista franca (774) nella penisola italiana - si consolidò e si diffuse la presenza di grandi aziende agricole, chiamate nei documenti curtes o villae.
Come peraltro già accadeva in età tardoromana, esse si caratterizzavano per una duplice forma di conduzione dei terreni. Una parte di esse, generalmente la miglio­re, era gestita direttamente del proprietario tramite servi ed era detta pars dominica (perché terra del dominus, ovvero del signore). Le terre più diffìcili da coltivare e meno produttive costituivano la pars massaricia; questa era composta da più corpi disomo­genei, anche molto distanti fra loro, i mansi, ciascuno di estensione sufficiente ad alimentare una famiglia. La pars massaricia era affidata in lavoro a servi che vivevano in case sul podere oppure concessa in affitto a famiglie di contadini liberi, i massari, in cambio di un canone in denaro o in natura.
Sempre più rilevante, nel sistema di conduzione della curtis, divenne il ruolo delle corvée. Queste erano forme di prestazione d'opera, generalmente quantificate in giornate di lavoro, che il contadino operante nella pars massaricia era obbligato a prestare gratuitamente sulla pars dominica» (Germano Maifreda, Tempi Moderni, vol. 1, pp.8-9).



Nel tempo i signori aumentarono la pars massaricia a discapito di quella dominica, al fine di ricavare rendite garantite e prodotti in eccedenza da vendere sul mercato. Pertanto molti servi furono affrancati e ottennero lotti di terreno in affitto in cambio di canoni d'affitto in natura o in denaro.

Le Monarchie feudali e l’impero
Come abbiamo visto, tra il IX e il XIII secolo, i poteri politici furono carat­terizzati da una grande dispersione e frammentazione. I numerosi signori feudali, possessori di castelli e di eserciti personali, ambiscono ad estendere progressivamente la loro autorità sui territori circostanti. Infatti, come abbiamo visto, le dinastie che si richiamavano al precedente impero carolingio, fossero o no suoi reali discendenti, subirono una lunga fase di grave indebolimento.
«In questo contesto, tuttavia, la figura dei re non scompare del tutto e mantiene intorno a sé caratteristiche che gli conferiscono autorevolezza e prestigio: un re è tale se sa presentarsi come il supremo dispensatore di giustizia in un particolare territorio; e se sa mostrarsi degno di guidare i suoi uomini armati.» (A. M. Banti, Il senso del tempo, p. 42)
Perché il potere del re venisse riconosciuto occorreva un rituale sacro. Infatti il rituale di consacrazione era simile in tutta l’Europa, basandosi sulla stessa tradizione che risaliva all’arcivescovo Icmaro di Reims che lo fissò nel secolo IX, e che richiedeva la sacra unzione. «L’unzione fa del re un Christus Domini, un unto del Signore e in virtù di essa egli occupa un posto analogo, ma non identico, a quello di Gesù Cristo» (AAVV, La Storia, dall’impero di Carlo Magno al ‘300, cap. XI). Dalla fine del secolo X si era diffusa la convinzione che i re di Francia e di Inghilterra fossero capaci di guarire la scrofola (re taumaturghi), un effetto della tubercolosi (che in realtà poteva guarire da sola). Il potere del re era dunque accettato in virtù della convinzione che discendesse direttamente da Dio. L’elezione divina, nell’opinione del tempo, rendeva il monarca capace di vedere oltre i comuni mortali, in grado di indicare la giusta via e di salvare il suo popolo. La sacralità del potere divino aveva come conseguenza la stretta dipendenza tra re e Chiesa, un intimo accordo che però funzionò solo in alcuni periodi (es: l’epoca di Carlo Magno), ma che si incrinò lentamente dando origine a una progressiva separazione tra la sfera politica e quella religiosa.
Il rafforzamento delle monarchie avvenne gradualmente, ma fu solo a partire dal XII secolo che il fenomeno diviene più evidente. La fine delle invasioni barbariche aveva prodotto un’uguaglianza di lingue, tradizioni, religioni, che permise l’inizio di una identità nazionale che i re cercarono di rappresentare al fine di aumentare la coesione dello stato.
Per aumentare il loro potere i re cercarono di 1) espandere il territorio; 2) riorganizzare gli eserciti attraverso l’uso di truppe mercenarie, più costose ma molto più affidabili dei soldati dei signori feudali; 3) Creare un sistema fiscale efficace e centralizzato, in modo che lo stato avesse costantemente i fondi per l’amministrazione del territorio e l’organizzazione della giustizia.
Vediamo ora alcune delle più importanti monarchie del tempo:

Il Regno di Francia
Con Ugo Capeto (987-996) una nuova dinastia sostituì quella estinta dei carolingi (discendenti di Carlo Magno). Più tardi Luigi il Grosso (1108-1137) compì una preziosa alleanza con le autorità ecclesiastiche. La diffusa credenza nella sacralità del re di Francia, favorita dalle autorità religiose, permise ai capetingi di regnare senza la mediazione dei feudatari, che vennero dunque fortemente indeboliti. Dopo la grande vittoria ottenuta a Bouvines (1214) contro il re di Inghilterra Giovanni Senzaterra e l’imperatore Ottone IV, il re di Francia Filippo Augusto si impadronì di numerosi territori, tra cui la Normandia e la Bretagna.
Luigi IX detto il santo (1226-1270), al fine di accattivarsi la fiducia popolare, promosse inchieste regie per punire gli abusi dei funzionari pubblici. Il duello giudiziario (ordalia) fu abolito. Luigi sposò Margherita di Provenza, assicurando al regno di Francia uno stretto legame con quella importante contea.

Il Regno di Inghilterra
Con la battaglia di Hastings (1066) il re normanno Guglielmo (che da allora fu soprannominato «il grande») sconfitte gli anglo-sassoni e fondò il regno normanno d’Inghilterra. Per ottenere un’aura di sacralità, egli si fece incoronare re nel natale dello stesso anno nella cattedrale di Westminster. Le proprietà confiscate alla nobiltà anglo-sassone furono distribuite tra i capi militari (baroni), ma il re mantenne il controllo su un quinto di questi territori dove nominò dei funzionari (sceriffi) che avevano il compito di riscuotere le tasse. Per poter migliorare il sistema fiscale il re fece redigere un censimento dettagliato sulle terre e la popolazione inglese (Domesday Book, 1086), che ha fornito agli storici preziose informazioni demografiche dell’epoca.
Circa un secolo dopo il re Giovanni Senzaterra (1199 –1216), indebolito dalla sconfitta contro il re di Francia, aveva dovuto concedere ai nobili il diritto di eleggere un parlamento al fine di far approvare le proposte di nuove tasse. Sul finire del XIII secolo il parlamento inglese era composto da due camere, quella dei Lords e quella dei Comuni, che annoverava anche ricchi borghesi privi di titoli nobiliari. Nel 1285 il Galles fu annesso all’Inghilterra, mentre i tentativi di annettere la Scozia fallirono.
I normanni nell’Italia meridionale
Agli inizi dell’XI secolo, alcune formazioni di mercenari normanni partirono dalla Normandia alla volta dell’Italia meridionale, per prestare servizio ora per i bizantini, ora per i longobardi, impegnati a contendersi il dominio sull’area.
L’insediamento stabile del dominio normanno ebbe inizio nel 1042, quando il principe longobardo di Salerno ricompensò Guglielmo d’Altavilla (italianizzazione di Hauteville, località della Normandia) per i servizi resi concedendogli in feudo il Ducato di Melfi. Da quel momento, grazie a una serie di fortunate campagne belliche, non disgiunte da un sapiente uso delle doti diplomatiche, i normanni estesero gradualmente il loro controllo su Puglia e Calabria, sottraendole ai bizantini.
Così, nel 1059, con il concordato di Melfi, Roberto d’Altavilla detto il Guiscardo fu insignito dal papa - di cui si era dichiarato vassallo - del titolo di duca di Puglia e Calabria.
   Nei decenni successivi gli Altavilla espulsero progressivamente gli arabi dalla Sicilia e nel 1091 la controllavano completamente. Nel 1130, Ruggero II d’Altavilla fu incoronato dal pontefice re di Sicilia nella cattedrale di Palermo. Unendo in un unico regno tutto il sud Italia e la Sicilia i normanni avevano dunque superato una secolare frammentazione politica.

Monarchie iberiche e reconquista
Profittando del declino del califfato di Cordova, nel 1212 Navarra, Aragona e Catalogna, Castiglia e Portogallo sconfissero gli islamici nella battaglia di Las Navas de Tolosa. Tutta la penisola iberica, ad eccezione del Regno di Granada, ritornò cristiana.
Dopo l’unione della Navarra alla Francia, nel 1284, il territorio iberico restò diviso tra Portogallo, Castiglia e Aragona (confederata con la Catalogna).

L’impero germanico
Dopo la disgregazione dell’impero carolingio nella parte orientale (germanica) si crearono alcuni grandi ducati (Baviera, Sassonia, Franconia, Svevia) che riconoscevano formalmente l’autorità regia ma di fatto governavano in completa autonomia. Tra questi emerse per prestigio il Duca di Sassonia, che ottenne nel 919 il titolo di re di Germania (Enrico l’uccellatore). A Enrico successe il figlio Ottone che sconfisse gli ungari nella battaglia di Lechfeld (955) e aumentò di molto la propria forza. Più tardi Ottone sconfisse il Marchese Berengario II d’Ivrea, che aveva usurpato il titolo di re d'Italia con lo scopo di separarlo dall'Impero, e cinse la corona del Regno (952). In virtù di questa vittoria, nel 962, Ottone venne incoronato a Roma come imperatore (divenne Ottone I), riportando in vita, dopo decenni di crisi, l'istituzione imperiale.  Egli riuscì a mantenere il controllo sui suoi territori attraverso la concessione di benefici a vescovi e abati a lui fedeli (eludendo il capitolare di Quierzy) in modo che alla loro morte i feudi tornassero alla corona. Con la forza e il prestigio che aveva ottenuto Ottone riuscì anche a farsi riconoscere il diritto di approvare l’elezione del pontefice (privilegium Othonis) nonchè l’obbligo per quest’ultimo di giurare fedeltà all’imperatore. In tal modo Ottone diede vita al Sacro romano impero germanico. Più tardi, sul finire del secolo XI, con l'affermazione delle autonomie comunali, il Regno d’Italia avrebbe cessato la sua esistenza.


Popolazione, agricoltura, città e commerci
Secondo le stime della maggior parte degli storici nell’VIII secolo gli abitanti dell’Europa, Russia compresa, erano circa 27 milioni. Lentamente la popolazione prese a crescere e intorno all'anno 1000 c’erano circa 40 milioni di abitanti. Nei secoli che precedono l’anno 1000 l'Europa era scarsamente antropizzata, le città si erano spopolate, i boschi erano immensi e fittissimi. I secoli dell’Alto Medioevo furono caratterizzati da grande povertà, scarsità dei commerci e immobilismo sociale.
Il mondo intorno all'anno 1000 era quindi molto diverso da quello moderno; le città erano piccole e circondate da cinta murarie che le separavano nettamente dalla campagna.

Dopo l'anno 1000, però, la popolazione conobbe una crescita piuttosto netta. Gli abitanti dell’Europa divennero 80 milioni alla fine del secolo XIII. Molti storici ritengono che la principale causa di questa crescita sia stata l'aumento della temperatura terrestre, ma ad essa contribuì certamente l'introduzione della rotazione triennale delle colture, che sostituiva quella biennale. Il terreno agricolo veniva diviso in tre parti: una era coltivata in primavera, una in autunno e una veniva lasciata a riposo (maggese), aumentando così la produttività (che nell'alto Medioevo  non era maggiore di 4 chicchi di grano per 1 che veniva seminato).





«Accanto all’aratro semplice (che disponeva di una punta sottile che non rovesciava la zolla) ancora impiegato in quei tempi in molti paesi mediterranei, nel VII secolo ebbe invero diffusione l’aratro a versoio, munito di una complessa ruota anteriore che consentiva di effettuare solchi e scassi più profondi del terreno. Nel IX secolo poi comparvero i mulini ad acqua, già utilizzati dai Romani, ma ora divenuti un mezzo consueto per macinare il grano e per frantumare le olive. Fra il IX e il X secolo quindi alla trazione iugulare si sostituì quella pettorale che liberò cavalli e buoi da una pratica che rischiava spesso di soffocarli e consentì un migliore utilizzo del bestiame largamente impiegato per il trasporto e l’aratura dei campi. Anche la ferratura degli zoccoli di ferro permise di sfruttare in modo più razionale le cavalcature.» (Ludovico Gatto, La grande storia del Medioevo

aratro a versoio



Anche se la produzione agricola era aumentata, nei secoli successivi all’anno 1000 la vita umana si svolgeva comunque in condizioni di grave povertà e difficoltà, in netto contrasto col mondo attuale. Lo storico olandese Johan Huizinga, nel suo libro L'Autunno del Medioevo, ha ricordato come nel Basso Medioevo (1000-1492) gli eventi della vita avessero forme più marcate:
«Fra dolore e gioia, fra calamità e felicità, il divario appariva ancora più grande. (…) Le malattie contrastavano più spiccatamente con la salute; il freddo rigido e le tenebre angosciose dell'inverno costituivano un male più essenziale. Si godevano più intimamente gli onori e le ricchezze. (…) Un tabarro di pelliccia, un buon fuoco, un bicchiere di vino e piacevoli conversari e un letto morbido offrivano ancora quella pienezza di godimento che il romanzo inglese è stato forse l'ultimo a descrivere. E tutte le cose della vita erano di una pubblicità sfarzosa e crudele. I lebbrosi facevano suonare le loro raganelle e giravano in processione; i mendicanti si lamentavano nelle chiese dove ostentavano le loro deformità. Ogni classe, ogni ceto, ogni professione si riconosceva dall'abito. (…) Se l'estate e l'inverno formavano allora un contrasto più forte che nella nostra esistenza, non minore era quello tra luce e buio, tra silenzio e rumore. La città moderna non conosce quasi più il buio perfetto e il vero silenzio, né l'effetto di un lumicino isolato nella notte o di un grido nella lontananza».
(Johan Huizinga, L'Autunno del Medioevo, Bur, pp. 3-4).
I contrasti erano dunque fortissimi, mentre oggi tutto è sfumato.
La crudeltà era diffusa e ostentata, la giustizia era feroce e le pene atroci. La tortura e il supplizio apparivano come necessarie e ineliminabili.
La dieta dei medievali era povera. Si aspettava con ansia il raccolto per sapere se ci sarebbe stato abbastanza da mangiare. Solo la scoperta dell'America ha portato nella tavola degli europei quei vegetali come il mais, le patate, i pomodori, i fagiolini che oggi appaiono prodotti irrinunciabili. Senza patate e mais la popolazione europea non avrebbe potuto aumentare come è avvenuto dal XVIII secolo in poi.
Materie prime, come il legno o il ferro, che sono oggi di uso comune, erano per tutto il Medioevo molto costose. Il ferro, a parità di peso, costava 50 volte il grano, mentre oggi hanno più o meno lo stesso prezzo (A. Barbero, Dietro le quinte della storia, Rizzoli, p. 32).
Le malattie costituivano spesso una minaccia mortale, data l’estrema scarsità delle conoscenze mediche.
Gli spostamenti avvenivano con grande lentezza e difficoltà. Con un’automobile possiamo percorrere 100 chilometri in meno di un’ora, mentre allora un uomo a cavallo impiegava due o tre giorni. I viaggi in mare nel Mediterraneo, che erano piuttosto rari, duravano settimane e a volte mesi.
Eppure, dal punto di vista delle tecniche il Medioevo produsse importanti progressi. Le grandi cattedrali furono costruite per la prima volta in quel periodo. Gli occhiali, la lente d’ingrandimento, la forchetta, la staffa, i bottoni, la carta, il libro (nella forma moderna), l’orologio, la pasta, gli altiforni, le armi da fuoco, la bussola e tanti altri strumenti di navigazione, ad esempio, nacquero nel periodo chiamato da alcuni storici “pieno Medioevo” (1000–1300 d. C.). A partire dal 1300 il carbone si affiancò alla legna come combustibile. Anche nel campo scientifico ci furono ampi passi in avanti. Nel 1202 fu pubblicato da Leonardo Fibonacci il Liber Abaci, un testo di algebra in cui venivano introdotti i numeri arabi (con lo zero di origine indiana) e le equazioni.
Il Medioevo ha prodotto anche altre fondamentali novità, come le Università, le banche, la borsa e la contabilità. La prima Università nacque a Bologna sul finire del secolo XI come istituzionalizzazione di scuole di diritto preesistenti. Nel 1158 fu riconosciuta dall'imperatore Federico I.








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