Il significato del mito (o allegoria) della caverna

Spiegazione delle allegorie 

 

La caverna è in primis il mondo sensibile, l’impermanente mondo terreno contrapposto a quello eterno delle idee. Le sue pareti, come un impermeabile velo, impediscono la vista del mondo esterno. La caverna rappresenta l’opinione, la doxa (dal verbo dokeo, che in greco significa sembrare). Infatti delle cose mutevoli non si può avere scienza. Possiamo anche intendere la caverna come il simbolo della chiusura mentale, delle ideologie preconfezionate (le ombre proiettate dagli uomini che governano la caverna), del conformismo egoista, della prigionia dell’anima. Il prigioniero non vede solo le ombre delle cose artificiali, ma percepisce anche se stesso come ombra. Ha un’idea fallace di sé, frutto di una proiezione ordita da altri che egli non sa scorgere. La caverna è anche la visione materialistica di un mondo dove tutto è fugace e illusorio, un mondo cupo e incolore in cui manca un cielo a cui tendere. Nella caverna gli uomini vivono curvi, senza poter alzare lo sguardo al cielo.

Gli schiavi incatenati sono come dei bambini di fronte a un teatro di ombre cinesi. Scambiano la finzione per realtà. Ignorano l’esistenza del mondo delle idee, convinti che il mondo sensibile sia tutta la realtà. Possiamo vedere in questi uomini l’attuale uomo massa, privo di pensiero critico e asservito al consumismo imperante.

Le catene sono l’ignoranza, la mancanza di educazione (apaideusia) e le basse passioni che ci tengono lontani dalla verità.

Le ombre simboleggiano la conoscenza superficiale delle cose, chiamata da Platone eikasia, immaginazione. Simboleggiano la vita inautentica, frutto di una rappresentazione artificiale.

Le statue simboleggiano gli oggetti del mondo sensibile la cui conoscenza è chiamata da Platone pistis (credenza);

Gli uomini che trasportano le statue sono i sofisti e i cattivi politici: i registi occulti dell’ignoranza della gente comune. Nel dialogo chiamato Sofista Platone dice espressamente che è tipico dei sofisti immergersi nel buio, nascondersi nella tenebra.

Il fuoco è il principio fisico con cui i primi filosofi spiegarono le cose. È anche un sole artificiale in miniatura, un lume fioco che ha malamente sostituito quello naturale.

La liberazione dello schiavo corrisponde all’azione liberante della filosofia (educazione = paideia) che spinge alla conversione (periagogè) dall’opinione alla scienza. La conoscenza cambia la nostra condizione, ci allontana dalle opinioni stereotipate e dal cieco istinto di affermazione di sè che ci tiene legati ad esse.  

Il mondo fuori dalla caverna è il mondo delle idee, l’iperuranio, il vero mondo. Il cielo e la terra possono essere intesi come lo spirito e il corpo che finalmente si sono riuniti. Per vedere il cielo è necessario assumere la statura eretta, ciò che distingue l’uomo dagli animali. La bellezza della terra e del cielo fa vibrare qualcosa nell'uomo liberato, nella bellezza del cosmo, e no più nelle misere ombre della caverna, si riflette l’essenza stessa dell’uomo. Uscire dalla caverna rappresenta quindi una rinascita. Nascere significa infatti venire dal buio alla luce. È la luce a far schiudere i semi, a far crescere gli alberi, a stimolare gli ormoni che permettono l'accoppiamento e la fecondazione. Senza la potente luce solare non ci sarebbe vera vita.

Le immagini riflesse e illuminate dagli astri sono le idee matematiche oggetto del grado di conoscenza detta dianoia, ragione discorsiva.

Il sole è l’idea del Bene, la conoscenza più alta che Platone chiama noesis. Il sole è ciò che origina e governa la vita  e rende possibile la  bellezza (senza la luce il mondo sarebbe monocromo come nella caverna) e la conoscenza. Il sole rappresenta anche l’unicità del vero. Il vero non può essere relativo, è uguale per tutti ed è ciò che ci rende davvero liberi.

Il ritorno nella caverna rappresenta il desiderio del filosofo di condividere con gli altri uomini la conoscenza della verità. Il cammino dell’uomo non è altro che un processo di unificazione, la verità è tale sono se è condivisa e universale. L’uomo che ritorna nella caverna si è liberato dagli “ismi” delle ideologie, sostituite da un profondo sentimento di pietà e da un desiderio di condivisione. L’individuo non può raggiungere un’autentica liberazione in solitudine, ma solo in comunione con gli altri.

 

L’uccisione del filosofo è il destino che viene riservato ingiustamente  (adikia) a chi si offre di liberare gli uomini dall’ignoranza e dalle basse passioni, che li tengono incatenati alla non verità del mondo apparente. Tale destino è quello riservato a Socrate. 

Naturalmente il primo significato che Platone vuol comunicare col mito è che la conoscenza è un percorso ascendente che passa per quattro gradi. I primi due, immaginazione (eikasia) e credenza (pistis), riguardano la caverna, cioè il mondo sensibile. Per questo non hanno a che vedere con la scienza ma solo con l’opinione. Gli uomini sono incatenati nella caverna fin dalla loro nascita. Non conoscono quindi l’esistenza del mondo esterno e non sono consapevoli di essere prigionieri della spelonca.

Sono invece scientifiche la conoscenza matematica (dianoia) e quella filosofica (noesis), che si trovano fuori dalla caverna.  La conoscenza è proporzionale ai 2 gradi della realtà, quella mondana e quella delle idee. Il progredire del conoscere dà luogo a un progredire morale, così come aveva insegnato Socrate (l’uomo buono è quello che conosce il bene, il male è frutto dell’ignoranza). 

Come il seme ha bisogno di affondare nella terra per poter poi innalzarsi verso la luce, anche l'uomo deve compiere l'esperienza dell'ombra per poter nascere in senso pieno. L’uscita dalla caverna rappresenta, infatti, la vera nascita, e la caverna può essere intesa come un utero in cui l’uomo è ancora un essere potenziale e dunque incompleto. Ogni nascita è però rischiosa e faticosa. Per questo l’uomo liberato, anche se ha visto le statue, continua per un po’ di tempo a credere che la vera realtà siano le ombre. Non vuole rischiare, sente le ombre, a cui è abiutato, come più rassicuranti. Per diventare uomini occorre però uscire dalla caverna intraprendendo un percorso di ascesa (anabasi) che costa fatica (gli occhi fanno fatica a vedere distintamente le cose reali) e impegno. Infatti l’uomo non esce dalla caverna sua sponte ma viene faticosamente trascinato nell’ascesa, simbolo della forza dell’educazione (dal latino ex-ducere, condurre fuori). Una volta fuori dalla caverna l’uomo pian piano si accorge della grandezza del mondo terreno e dei cieli e, quindi, della sua piccolezza. Questo significa che la conoscenza della verità comporta una svalutazione del proprio ego e la consapevolezza che sapere equivale a superare l’individualità per riconoscersi in una realtà più grande. Il ritorno nella caverna (catabasi) rappresenta il sentimento di pietà e di unità con gli altri, il tentativo di superare la separazione tra gli uomini. L'individuo non può raggiungere la perfezione etica da solo, ha bisogno del sostegno e della condivisione della comunità. 

Le moderne caverne sono ovviamente la tv e tutti gli altri mezzi di trasmissione di massa che offrono una rappresentazione capziosa e fuorviante della realtà. Solo la conoscenza del vero produce la consapevolezza delle falsificazioni.

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