L’esigenza di una riforma interna
«Fin dalla prime manifestazioni del protestantesimo alcune menti illuminate avevano chiesto alla Chiesa di Roma di assumere spontaneamente l’iniziativa di una riforma interna. Carlo Quinto, dopo la Dieta di Worms (1521), aveva suggerito d’indire un concilio». La risposta ai problemi e ai dubbi sollevati dalle dottrine luterane e dalle altre dottrine riformate fu fornita dalla Chiesa cattolica attraverso i decreti del Concilio di Trento.
Carlo V dovette insistere a lungo, prima con Clemente VII e poi con Paolo III, per vincere la resistenza della Curia romana. L’imperatore voleva impedire una frattura nella cristianità che stava compromettendo il suo progetto di monarchia universale. Clemente VII si era opporto al Concilio per timore che esso riaffermasse le teorie conciliariste, cioè l'idea che il Concilio dei vescovi fosse superiore al papa, e per il timore di essere deposto in quanto figlio illegittimo. Solo dopo molti anni l'imperatore Carlo V convinse Clemente VII ad inviare un nunzio in Gemania per annunciare la realizzazione di un concilio con lo scopo di raggiungere la pace tra cattolici e protestanti. Quando nel 1534 il nunzio papale giunse in Austria per annunciare la decisione Lutero si mostrò apertamente ostile, e chiamò il papa «sanguinario e assassino, bugiardo e fraudolento» perché (citando il vangelo) «ci darà, invece del pane, una pietra; invece di un pesce, un serpente; invece di un uovo, uno scorpione»1. L'accordo tra protestanti e cattolici non sarebbe stato semplice.
I principi tedeschi avevano richiesto un “libero concilio cristiano in terra tedesca” che mettesse in discussione anche la riforma della Chiesa cattolica. La convocazione del concilio fu ostacolata pure dalla lunga guerra tra l’Impero e la Francia.
Intanto il nuovo papa Paolo III aveva riconosciuto, nel 1540, la Compagnia di Gesù, un nuovo ordine religioso fondato dallo spagnolo Ignazio di Loyola (1491-1556), un ex militare che si era convertito all’ascetismo religioso. I gesuiti erano votati all’obbedienza assoluta al pontefice e si prefissero di imitare l‘opera dei primi apostoli. Il carattere distintivo dei gesuiti fu l’elevata cultura teologica e letteraria; ciò li indusse ad attivare un’estesa rete di scuole per la formazione dei giovani che nell’Europa moderna ebbe un ruolo fondamentale. «La Compagnia di Gesù non era un ordine di tranquilli monaci, bensì, come afferma il suo fondatore, un Ordine militante che combatte al servizio di Cristo» I gesuiti furono i più attivi nel nuovo proselitismo cattolico, specialmente nelle Americhe. Crearono missioni anche in Cina.
La morte del mite cardinale Contarini, che aveva tentato una fallimentare mediazione coi protestanti nei colloqui di Ratisbona (1841), permise al cardinale Carafa, il più feroce avversario dei protestanti, di divenire il perno del partito contro-riformista. Fu proprio per le pressioni di Carafa che Paolo III creò, nel 1542, una commissione di cardinali chiamata Sant’Uffizio, con potere di «citare davanti a sé qualunque persona sospetta d’eresia, condannare al carcere o a morte gli accusati riconosciuti colpevoli e confiscarne i beni». Se durante il pontificato di Paolo III le condanne dell’inquisizione furono relativamente miti, quando Carafa lo sostituì nel 1549, col nome di Paolo IV, cominciò un feroce regime di terrore. Fu proprio nel 1555 che fu istituito a Roma il ghetto ebraico già presente in altre città europee; gli ebrei vennero quindi costretti a vivere reclusi in una specifica zona del rione Sant'Angelo.
La convocazione del Concilio
Convocato nel giugno del 1542, il concilio fu effettivamente aperto soltanto nel dicembre 1545 e si svolse in principio nella città di Trento, sede di un principato vescovile che era formalmente parte dell’Impero di Carlo V.
Nonostante tale decisione accogliesse una insistente richiesta dei protestanti, questi non parteciparono al vertice. L’intransigenza di entrambe le parti impedì che si raggiungesse l’obiettivo primario della riunificazione della Chiesa.
Il Concilio subì diverse interruzioni e, dopo il 1547, con la scusa di un’epidemia di peste fu trasferito a Bologna, negli Stati Pontifici, per evitare le ingerenze dell'imperatore. Solo nella fase del 1551-52 alcuni rappresentanti dei protestanti furono presenti alle riunioni conciliari, che erano state riaperte a Trento. Quando iniziò la fase finale, nel 1562, il pontefice Paolo IV riuscì a riaffermare la dottrina in diretta contraddizione con quella protestante. «Le risoluzioni più importanti furono tutte orientate alla più stretta ortodossia». Le prime importanti decisioni conciliari toccarono le grandi verità di fede. Fra queste, il primo posto toccava alle questioni di fede e delle opere, della grazia e del libero arbitrio. Su questi problemi il Concilio aveva pronunciato la sua parola definitiva con i “canoni sulla giustificazione”, approvati il 13 gennaio 1547, che scagliavano la maledizione (ANATEMA) sulle tesi condannate. Si ribadì dunque che la salvezza non dipende solo dalla fede ma necessita anche della cooperazione umana. Si ribadisce quindi il libero arbitrio. La traduzione in lingua volgare della Bibbia fu vietata. L’unica versione autorizzata delle Sacre Scritture era la Vulgata, la traduzione latina realizzata da San Gerolamo all’inizio del V secolo. Anche la dottrina luterana del sacerdozio universale fu rigettata. La distinzione tra sacerdoti e laici rimase fondamentale.
Il Concilio si occupò dell’interpretazione delle Sacre Scritture da parte della Chiesa, dei sacramenti (Il valore dei sette sacramenti fu interamente riaffermato), della giustificazione (ossia i mezzi per la salvezza dell’anima), la liturgia, il culto dei santi e della Madonna, l’uso delle indulgenze e l’obbedienza alla Chiesa e al pontefice. Nel 1559 fu creato l’Indice dei libri proibiti. «Con esso si voleva dare il colpo di grazia a tutti gli scritti sospetti di eresia». Tutta la stampa fu sottoposta a una feroce censura; le proteste di eruditi e librai furono del tutto vane.
Congregazione generale del Concilio nella chiesa di S. Maria Maggiore a Trento
Solo in un momento successivo fu affrontata la correzione degli abusi che tutti riconoscevano esser presenti nella Chiesa e che si erano manifestati durante la predicazione delle indulgenze nel 1517.
La riforma della vita del clero vide tra l’altro la creazione dei seminari per la formazione del clero, la riaffermazione del celibato sacerdotale, il divieto del cumulo di benefici ecclesiastici (vescovadi), l’obbligo per i vescovi della residenza nella diocesi e di periodiche visite pastorali nelle parrocchie (cura animarum).
Ridefinita con il Concilio di Trento la propria fede e le regole della propria vita interna, la Chiesa della Controriforma rilanciò il proprio ruolo centrale nella società dei paesi rimasti fedeli a Roma. A ciò contribuirono gli strumenti repressivi ma anche la diffusione di un catechismo universale, l’opera dei nuovi ordini religiosi e quella di istituzioni caritative ed educative, nonché la promozione di nuove forme di devozione.
1 (M. Lutero e C, Von Bora, F. A. Rossi di Marignano, Ed. Ancora, 2013)
«Fin dalla prime manifestazioni del protestantesimo alcune menti illuminate avevano chiesto alla Chiesa di Roma di assumere spontaneamente l’iniziativa di una riforma interna. Carlo Quinto, dopo la Dieta di Worms (1521), aveva suggerito d’indire un concilio». La risposta ai problemi e ai dubbi sollevati dalle dottrine luterane e dalle altre dottrine riformate fu fornita dalla Chiesa cattolica attraverso i decreti del Concilio di Trento.
Carlo V dovette insistere a lungo, prima con Clemente VII e poi con Paolo III, per vincere la resistenza della Curia romana. L’imperatore voleva impedire una frattura nella cristianità che stava compromettendo il suo progetto di monarchia universale. Clemente VII si era opporto al Concilio per timore che esso riaffermasse le teorie conciliariste, cioè l'idea che il Concilio dei vescovi fosse superiore al papa, e per il timore di essere deposto in quanto figlio illegittimo. Solo dopo molti anni l'imperatore Carlo V convinse Clemente VII ad inviare un nunzio in Gemania per annunciare la realizzazione di un concilio con lo scopo di raggiungere la pace tra cattolici e protestanti. Quando nel 1534 il nunzio papale giunse in Austria per annunciare la decisione Lutero si mostrò apertamente ostile, e chiamò il papa «sanguinario e assassino, bugiardo e fraudolento» perché (citando il vangelo) «ci darà, invece del pane, una pietra; invece di un pesce, un serpente; invece di un uovo, uno scorpione»1. L'accordo tra protestanti e cattolici non sarebbe stato semplice.
I principi tedeschi avevano richiesto un “libero concilio cristiano in terra tedesca” che mettesse in discussione anche la riforma della Chiesa cattolica. La convocazione del concilio fu ostacolata pure dalla lunga guerra tra l’Impero e la Francia.
Intanto il nuovo papa Paolo III aveva riconosciuto, nel 1540, la Compagnia di Gesù, un nuovo ordine religioso fondato dallo spagnolo Ignazio di Loyola (1491-1556), un ex militare che si era convertito all’ascetismo religioso. I gesuiti erano votati all’obbedienza assoluta al pontefice e si prefissero di imitare l‘opera dei primi apostoli. Il carattere distintivo dei gesuiti fu l’elevata cultura teologica e letteraria; ciò li indusse ad attivare un’estesa rete di scuole per la formazione dei giovani che nell’Europa moderna ebbe un ruolo fondamentale. «La Compagnia di Gesù non era un ordine di tranquilli monaci, bensì, come afferma il suo fondatore, un Ordine militante che combatte al servizio di Cristo» I gesuiti furono i più attivi nel nuovo proselitismo cattolico, specialmente nelle Americhe. Crearono missioni anche in Cina.
La morte del mite cardinale Contarini, che aveva tentato una fallimentare mediazione coi protestanti nei colloqui di Ratisbona (1841), permise al cardinale Carafa, il più feroce avversario dei protestanti, di divenire il perno del partito contro-riformista. Fu proprio per le pressioni di Carafa che Paolo III creò, nel 1542, una commissione di cardinali chiamata Sant’Uffizio, con potere di «citare davanti a sé qualunque persona sospetta d’eresia, condannare al carcere o a morte gli accusati riconosciuti colpevoli e confiscarne i beni». Se durante il pontificato di Paolo III le condanne dell’inquisizione furono relativamente miti, quando Carafa lo sostituì nel 1549, col nome di Paolo IV, cominciò un feroce regime di terrore. Fu proprio nel 1555 che fu istituito a Roma il ghetto ebraico già presente in altre città europee; gli ebrei vennero quindi costretti a vivere reclusi in una specifica zona del rione Sant'Angelo.
La convocazione del Concilio
Convocato nel giugno del 1542, il concilio fu effettivamente aperto soltanto nel dicembre 1545 e si svolse in principio nella città di Trento, sede di un principato vescovile che era formalmente parte dell’Impero di Carlo V.
Nonostante tale decisione accogliesse una insistente richiesta dei protestanti, questi non parteciparono al vertice. L’intransigenza di entrambe le parti impedì che si raggiungesse l’obiettivo primario della riunificazione della Chiesa.
Il Concilio subì diverse interruzioni e, dopo il 1547, con la scusa di un’epidemia di peste fu trasferito a Bologna, negli Stati Pontifici, per evitare le ingerenze dell'imperatore. Solo nella fase del 1551-52 alcuni rappresentanti dei protestanti furono presenti alle riunioni conciliari, che erano state riaperte a Trento. Quando iniziò la fase finale, nel 1562, il pontefice Paolo IV riuscì a riaffermare la dottrina in diretta contraddizione con quella protestante. «Le risoluzioni più importanti furono tutte orientate alla più stretta ortodossia». Le prime importanti decisioni conciliari toccarono le grandi verità di fede. Fra queste, il primo posto toccava alle questioni di fede e delle opere, della grazia e del libero arbitrio. Su questi problemi il Concilio aveva pronunciato la sua parola definitiva con i “canoni sulla giustificazione”, approvati il 13 gennaio 1547, che scagliavano la maledizione (ANATEMA) sulle tesi condannate. Si ribadì dunque che la salvezza non dipende solo dalla fede ma necessita anche della cooperazione umana. Si ribadisce quindi il libero arbitrio. La traduzione in lingua volgare della Bibbia fu vietata. L’unica versione autorizzata delle Sacre Scritture era la Vulgata, la traduzione latina realizzata da San Gerolamo all’inizio del V secolo. Anche la dottrina luterana del sacerdozio universale fu rigettata. La distinzione tra sacerdoti e laici rimase fondamentale.
Il Concilio si occupò dell’interpretazione delle Sacre Scritture da parte della Chiesa, dei sacramenti (Il valore dei sette sacramenti fu interamente riaffermato), della giustificazione (ossia i mezzi per la salvezza dell’anima), la liturgia, il culto dei santi e della Madonna, l’uso delle indulgenze e l’obbedienza alla Chiesa e al pontefice. Nel 1559 fu creato l’Indice dei libri proibiti. «Con esso si voleva dare il colpo di grazia a tutti gli scritti sospetti di eresia». Tutta la stampa fu sottoposta a una feroce censura; le proteste di eruditi e librai furono del tutto vane.
Congregazione generale del Concilio nella chiesa di S. Maria Maggiore a Trento
Solo in un momento successivo fu affrontata la correzione degli abusi che tutti riconoscevano esser presenti nella Chiesa e che si erano manifestati durante la predicazione delle indulgenze nel 1517.
La riforma della vita del clero vide tra l’altro la creazione dei seminari per la formazione del clero, la riaffermazione del celibato sacerdotale, il divieto del cumulo di benefici ecclesiastici (vescovadi), l’obbligo per i vescovi della residenza nella diocesi e di periodiche visite pastorali nelle parrocchie (cura animarum).
Ridefinita con il Concilio di Trento la propria fede e le regole della propria vita interna, la Chiesa della Controriforma rilanciò il proprio ruolo centrale nella società dei paesi rimasti fedeli a Roma. A ciò contribuirono gli strumenti repressivi ma anche la diffusione di un catechismo universale, l’opera dei nuovi ordini religiosi e quella di istituzioni caritative ed educative, nonché la promozione di nuove forme di devozione.
1 (M. Lutero e C, Von Bora, F. A. Rossi di Marignano, Ed. Ancora, 2013)
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