IL CONGRESSO DI VIENNA


Mentre Napoleone è relegato all’Isola d’Elba, i rappresentanti di tutti gli stati europei si riuniscono in un congresso che dura dal settembre del 1814 al giugno del 1815.
Con il congresso di Vienna si è soliti far iniziare la cosiddetta età della Restaurazione, che comprende il periodo dal 1815 alle rivoluzioni del 1848. Il termine restaurazione, chiaramente contrapposto a rivoluzione, sta a indicare la volontà di un ritorno al passato. I sovrani intendevano ridare all’Europa l’assetto del 1789 e ripristinare l’antico ordine fondato sul diritto divino e sui privilegi della vecchia aristocrazia. Come se l’illuminismo non fosse neppure esistito.

Le 216 delegazioni presenti avrebbero duvuto stabilire il destino del continente, ma in realtà tutte le decisioni venivano prese in riunioni ristrette dai rappresentanti delle quattro potenze alleate: per l’Austria, il principe di Metternich; per l’Inghilterra, il ministro Castlereagh; per la Russia, lo zar Alessandro I coadiuvato dal conte di Nesselrode; per la Prussia il re Federico Guglielmo III coadiuvato da August von Hardenberg. Anche il ministro francese Talleyrand fu ammesso tra i grandi quale rappresentante della Francia dei Borbone che alla Rivoluzione avevano sacrificato re Luigi XVI. Il nuovo ordine europeo fu costruito sul principio di legittimità e sul principio di equilibrio. In base al primo, i sovrani legittimi, cioè quelli cacciati dalle armate rivoluzionarie o da Napoleone (o i loro figli), dovevano riavere il trono perduto, ma per garantire uno stabile equilibrio politico e impedire che uno stato risultasse più forte degli altri, furono fatte numerose eccezioni. In Italia, in Germania e in Polonia la legittimità fu sacrificata proprio in nome dell’equilibrio delle forze tra i grandi. Il Congresso di Vienna, nel tracciare i confini politici dell’Europa restaurata, non aveva tenuto conto della volontà dei popoli, del loro desiderio di unità e indipendenza. Più volte, nel corso dei primi decenni dell’Ottocento, l’ordine europeo fu scosso da sussulti rivoluzionari le cui parole d’ordine erano costituzione e indipendenza. I moti insurrezionali scoppiati in Italia e in altri paesi europei nel 1820-21 erono falliti a causa soprattutto dell’isolamento dei patrioti dal resto della popolazione. Il Congresso non interruppe i lavori neppure durante i Cento giorni di Napoleone e si concluse il 9 giugno, nove giorni prima della battaglia di Waterloo. Se Napoleone in quell’occasione avesse vinto, il Congresso si sarebbe risolto nella più grottesca farsa del secolo.

Analizziamo le principali decisioni assunte dal Congresso. La Francia mantenne i confini del 1792, ma cedette la Saar alla Prussia. La Russia si rafforzò ottenendo la Finlandia (dalla Svezia), la Bessarabia (dall’impero ottomano) e parte della Polonia.
La Prussia cedette alla Russia la Polonia nord occidentale, ma ottenne la Renania (confine con la Francia) e la Sassonia, oltre a moltissimi staterelli tedeschi già cancellati da Napoleone.
La Confederazione germanica (39 stati), che prese il posto del Sacro Romano Impero, fu governata da una dieta con sede a Francoforte.

L’Austria costituì un grande impero multinazionale, che dominava sull’Europa centro-orientale e, direttamente o indirettamente, su quasi tutta la penisola italiana. Rientrò in possesso della Lombardia e del territorio della Repubblica di Venezia, non più ricostituita. Le fu inoltre attribuita la presidenza della Confederazione germanica.

Il Belgio fu unito all’Olanda nel Regno dei Paesi Bassi. Questo, insieme al regno di Sardegna, fu uno degli stati-cuscinetto che avrebbero dovuto arginare future velleità espansionistiche della Francia



In Italia vi erano:
• Regno di Sardegna: sotto la sovranità di Vittorio Emanuele I di Savoia con l’aggiunta della Repubblica di Genova, Nizza e la Savoia.
• Regno lombardo-veneto: il Veneto e la Lombardia costituivano un regno controllato dall’Austria, mentre il Trentino, Trieste e l’Istria furono inseriti direttamente nell'impero austriaco.
• Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla: fu assegnato a Maria Luisa d’Asburgo, moglie di Napoleone
• Ducato di Modena e Reggio: in mano al duca Francesco IV d’Asburgo-Este
• Granducato di Toscana: fu restituito a Ferdinando III d’Asburgo-Lorena
• Stato Pontificio (Pio VII): perdeva Avignone ma aveva ancora la sovranità sulle Legazioni romagnole, concedendo all’Austria di mantenere delle truppe a Ferrara
• Regno delle due Sicilie: Il re Ferdinando I di Borbone (ex Ferdinando IV) controllava tutto il sud Italia.


L’Inghilterra mantenne il possesso di Malta e
Gibilterra consolidando il suo potere nel Mediterraneo. L’acquisto del Capo di Buona Speranza e di Ceylon (a sud dell'India) dall'Olanda le conferì il pieno controllo della rotta delle Indie.
Per garantire la durata della sistemazione che il Congresso di Vienna aveva imposto all’Europa restaurata, nel settembre 1815 Alessandro I propone uno strano accordo diplomatico, sottoscritto anche da Francesco d’Austria e da Federico Guglielmo di Prussia: il patto della Santa Alleanza secondo il quale i tre sovrani, “incaricati dalla Provvidenza”, si impegnavano a prestarsi aiuto e soccorso reciproco per garantire la tranquillità dei popoli e la pace in Europa contro ogni convulsione rivoluzionaria. I sovrani si impegnavano quindi a intervenire con i loro eserciti ovunque fosse rimesso in discussione l’assetto politico e sociale fissato a Vienna. Si stabilì così un terzo principio, quello d’intervento.
Nel trattato conclusivo fu aggiunta una Dichiarazione contro la tratta dei negri che vietava la vendita degli schiavi africani.

In seguito, la Santa Alleanza fu progressivamente associata con le forze della reazione in Europa, e particolarmente con gli orientamenti politici di Metternich, che aveva come supremo criterio di politica internazionale quello del mantenimento dell'ordine europeo.

Nel novembre del 1815 fu redatto un secondo patto, a difesa dell'ordine europeo uscito dal congresso di Vienna, tra Prussia, Austria, Russia che con l'adesione della Gran Bretagna prese il nome di Quadruplice Alleanza.
Più tardi, nel 1818, anche la Francia di Luigi XVII aderì al trattato.

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