«Subito dopo la sconfitta nella Prima guerra mondiale,
la Germania attraversò un periodo di profonda crisi economica, sociale e
politica, a cui i deboli governi di coalizione della Repubblica di Weimar,
proclamata ufficialmente nell’agosto del 1919, tentarono faticosamente di porre
rimedio».
Nel 1923 il governo tedesco chiese una moratoria dei
debiti di guerra. Per tutta risposta i francesi e i belgi occuparono la regione
carbonifera della Ruhr. Il governo tedesco invitò i minatori a scioperare
garantendo loro il salario, che sarebbe stato pagato dallo stato. Questo
provocò una paurosa inflazione che polverizzò il valore del marco.
«Dopo i disastrosi effetti della “crisi, della Ruhr” del 1923, grazie al sostegno finanziario statunitense
garantito dal Piano Dawes (finanziamenti americani che rivitalizzarono
l'economia tedesca) iniziò una fase di ripresa economica, condizione indispensabile
perché la Germania potesse pagare le esorbitanti riparazioni di guerra imposte
dalle potenze vincitrici».
Nel 1925 vennero siglati
gli accordi di Locarno: Germania,
Francia e Belgio si impegnarono a non violare le frontiere comuni tracciate a
Versailles, e il governo tedesco accettò la perdita dell’Alsazia-Lorena. Per la
prima volta dalla fine della guerra la Germania partecipava ad accordi
internazionali come soggetto attivo. Nel 1926, fu ammessa nella Società delle Nazioni.
Nel 1929 fu elaborato, sempre su
iniziativa americana, il cosiddetto "piano
Young", che riduceva l’entità
dei debiti tedeschi e ne dilazionava il pagamento in 60 rate contro le 42
previste in origine. Il piano fu però annullato dal crollo della Borsa di Wall
Street e dalla gravissima crisi che aveva innescato, i cui effetti si
ripercossero rapidamente in tutto il mondo, Germania inclusa. Nell’arco di
breve tempo, a causa dell’interruzione dei prestiti, si registrò una lunga
serie di fallimenti a catena di
imprese e la disoccupazione in Germania crebbe
massicciamente.
In quello scenario emerse il Partito nazionalsocialista tedesco,
guidato da Adolf Hitler, che conquistò
la maggioranza relativa alle elezioni del 1932. Il suo programma coniugava
motivi nazionalistici a istanze violentemente razziste e antisemite. Hitler
presentò il suo partito come l’unico in grado di far uscire la Germania dalla
crisi e ristabilire la grandezza perduta.
La famiglia
Hitler e il problematico rapporto del ragazzo con la scuola
Adolf Hitler nacque nel
1889 a Braunau, cittadina austriaca. Suo padre Alois era un impiegato,
sua madre Klara veniva da un’umile famiglia di contadini. All’età di 15 anni fu bocciato e decise di lasciare la scuola. Tre anni dopo,
diciottenne, perse anche la madre e si trasferì a Vienna, dove cercò di
iscriversi all’Accademia di Belle Arti e ad una facoltà di architettura, ma
entrambe le istituzioni lo respinsero. Per poter sopravvivere lavorò per
qualche anno come pittore e decoratore.
L'avvicinamento
alla politica e la delusione per la Prima Guerra Mondiale
Nel 1912 Hitler abitava a Monaco di
Baviera e allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruolò come volontario nell’armata
tedesca della Baviera, conquistando i gradi di caporale. Nel 1918 fu quasi
accecato in battaglia da un gas letale, l’iprite. La resa della Germania
convinse Hitler e moltissimi altri tedeschi che la sconfitta fosse
dovuta a un tradimento interno, di cui i principali colpevoli erano stati i
socialisti e gli ebrei (mito della pugnalata alle spalle).
La
costruzione del Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi
Nel 1919 Hitler ebbe contatti col Partito
dei Lavoratori Tedeschi, una formazione antisemita e nazionalista, di cui
divenne presto una figura di spicco grazie
a notevoli doti oratorie e organizzative. Nel 1920 il partito cambiò
nome in NSDAP, Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi e
Hitler ne divenne il capo carismatico. In una Germania in condizioni economiche
disastrose, nel 1923, il partito contava già 56 mila membri, e
moltissimi sostenitori.
Il fallito putsch di Monaco
Tra l’8 ed il 9 novembre del 1923
Hitler, che all’epoca ammirava molto Mussolini, tentò di coinvolgere il governo Bavarese in
un’impresa ispirata alla Marcia su Roma: il putsch di Monaco. Il
tentativo è anche ricordato come Putsch della birreria, essenzialmente perché
partiva da un’enorme birreria situata al centro della città bavarese, dove si
stava svolgendo un comizio di Gustav von Kahr, il capo del governo della
Baviera. Hitler entrò nella birreria con alcune SA e il maresciallo Ludendorff, eroe della Grande guerra e, dopo aver sparato alcuni colpi in alto, chiese a Khar di appoggiare
il colpo d stato. Kahr finse di accettare ma il giorno successivo
fece intervenire l'esercito che sparò sui manifestanti nazisti mettendo fine al
colpo di stato.
L'accusa di
alto tradimento e la reclusione
In seguito
al fallito putsch Hitler fu imprigionato con la grave accusa di alto
tradimento. Durante il processo egli si difese con veemenza e la sua popolarità
aumentò. Alla fine se la cavò con una pena relativamente leggera: cinque
anni di prigione, peraltro in condizioni piuttosto confortevoli. Grazie a
un’amnistia fu però libero dopo meno di un anno durante il quale ebbe il
tempo per scrivere, con l’aiuto di Rudolf Hess, un libro intitolato Mein Kampf, “la mia battaglia”.
Il successo
del Mein Kampf e la pena ridotta
Il libro di Hitler, pubblicato nel
1925, riscosse un certo successo anche fuori dalla cerchia degli
iscritti al partito nazista. Esso delineava l’ideologia di Hitler
ed i suoi piani futuri per la Germania. L’elemento più importante era la
necessità di colonizzare altri paesi, poiché il popolo germanico (volk)
aveva bisogno di spazio vitale (lebensraum) dove poter prosperare
senza la contaminazione di altre razze. Gli ebrei erano per Hitler un
popolo di parassiti, un vero e proprio morbo da eliminare. Per provare le sue
tesi egli utilizzò dei falsi
documenti complottistici come i Protocolli
dei Savi di Sion, costruiti dall'ex polizia zarista per poter diffondere
l'odio verso gli ebrei. Altri nemici da combattere erano i socialisti e i
comunisti, perché le loro idee negavano concetti come la concordia delle classi
sociali e l'unità della nazione, due elementi fondanti del nazionalsocialismo.
L’espansione tedesca secondo Hitler avrebbe dovuto essere diretta verso est,
dove vivevano i comunisti e i popoli slavi da sottomettere. Soltanto così si
sarebbe realizzata la supremazia tedesca sui popoli europei.
La fondazione delle SS
Al contempo il Partito
nazionalsocialista perfezionò la propria organizzazione
paramilitare al fine di proseguire con la tattica della violenza.
Nel 1926 a fianco delle SA comparvero le Schutzstaffeln
(milizie di protezione), meglio note come SS. Esse, che
dipendevano nominalmente dalle SA, furono concepite inizialmente come guardia
personale di Hitler, a cui giuravano fedeltà assoluta. A partire dal 1929
vennero però poste sotto la guida di Heinrich
Himmler, un leale compagno di Hitler fin dall’epoca del colpo di
Stato di Monaco, e si specializzarono in compiti di polizia e di spionaggio. Le
SS aumentarono progressivamente i loro membri e divennero una forza parallela e
quasi concorrente rispetto alle SA di Rohm, il quale, contrario alla
collaborazione con la vecchia classe dirigente e con l’esercito, entrò in più
occasioni in contrasto con Hitler stesso. Rohm
mirava infatti ad attuare, grazie al braccio armato delle SA, una
“rivoluzione” anticapitalistica che
avrebbe dovuto portare all’edificazione di una “nuova Germania”, totalmente
sotto il controllo dei nazionalsocialisti fedeli al programma originario del
movimento. In tal modo, però, egli si attirò l’odio della casta militare, che
invece si riconosceva sempre più nell’ideologia autoritaria del nazismo.
La crisi economica e politica della Germania
La crisi
del 1929 aveva dimezzato la produzione industriale tedesca e prodotto 6
milioni di disoccupati: diviso sulla strada da seguire per risanare le
finanze, il governo socialdemocratico si dimise nel 1930. Il nuovo
governo del centrista Heinrich Brüning, privo di una maggioranza, cercò di
ridurre il debito pubblico, lasciando irrisolti i problemi dei ceti più poveri.
Le sinistre, i socialdemocratici (votati dagli operai organizzati) e i
comunisti (votati dai disoccupati) erano in aperto conflitto. Gli uni cercavano
di salvaguardare la democrazia, gli altri si proponevano invece una rivoluzione
simile a quella russa. Le nazioni vincitrici della prima guerra mondiale si
riunirono nell'estate del 1932 nella conferenza di Losanna dove abolirono le
riparazioni tedesche. Era tuttavia troppo tardi per impedire che i nazisti si
servissero della teoria del complotto (comunisti ed ebrei) per vincere le
elezioni politiche.
Le alternative di destra a Hitler
Il partito
nazista non era l’unica formazione di destra che stava rapidamente
guadagnando consensi nella Germania della Repubblica di Weimar. Il Partito
nazionalpopolare tedesco (DNVP) costituiva la principale alternativa ad Hitler:
era una formazione ostile alla costituzione di Weimar, al movimento operaio e
alla democrazia, ma priva degli elementi di novità che rendevano il nazismo
unico. Insieme ad importanti personalità dell’esercito, il Partito popolare si
illudeva di poter sfruttare Hitler, sottovalutandone l’unicità e le
capacità.
Le nuove elezioni e la vittoria del Partito Nazista:
Hitler è il nuovo cancelliere tedesco
In un clima
di grande instabilità sociale il partito nazista aveva ottenuto una prima
affermazione nel 1930 conquistando 107 seggi su 577. I partiti tradizionali
(SPD e Zentrum) si erano indeboliti ed erano stati costretti a formare dei
fragili governi di coalizione. Dopo il successo del 1930, il sostegno
offerto al nazismo da imprenditori, latifondisti e funzionari statali
iniziò ad ampliarsi. Nelle elezioni presidenziali del 1932 Hitler si candidò e costrinse
l'ex presidente Hindenburg al ballottaggio. Quest'ultimo riuscì a vincere
soltanto col voto dei Socialdemocratici (SPD) che lo votarono per evitare la
vittoria di Hitler. Nelle elezioni del 31 luglio 1932 i nazisti divennero il primo partito,
col 37% dei voti. A novembre, vista l'impossibilità di formare un governo, le
elezioni furono ripetute e il partito nazista vinse ancora seppur con una flessione
dei consensi (33%). Con l’appoggio degli industriali, dei poteri economici, e
dell’esercito, Hitler fu nominato cancelliere il 30 gennaio del 1933,
quasi 10 anni dopo il putsch della birreria.
La dittatura nazista
In soli 6
mesi, i nazisti riuscirono a sgretolare il sistema
politico-istituzionale della repubblica di Weimar e ad instaurare una dittatura.
Il primo febbraio 1933 fu sciolto il parlamento e furono indette nuove elezioni al fine di garantire ai nazisti una
maggioranza più netta. il 27 febbraio, a pochi giorni dal voto del 5
marzo, il palazzo del parlamento a Berlino, il Reichstag, fu incendiato.
La colpa fu attribuita ai comunisti i cui capi vennero arrestati in massa. In
un clima di vero e proprio terrore il partito nazista vinse le elezioni con
quasi il 44% dei consensi. Per
poter governare i nazisti dovettero far arrestare i deputati comunisti e
chiedere i voti del Partito Popolare Nazionale Tedesco. Hitler aveva però
bisogno di una maggioranza dei due terzi per far passare il "decreto dei
pieni poteri" (una legge che gli permetteva di promulgare leggi senza
consultare il Reichstag), che guadagnò convincendo il Partito di Centro (Zentrum) a votare a favore. Il disegno di legge venne approvato il 23
marzo; solo i socialdemocratici votarono contro il provvedimento, che entrò in
vigore il giorno seguente. Intanto a Dachau fu aperto il primo di molti campi
di concentramento in cui gli internati erano decimati dalle fatica, dalla
malnutrizione e dalle malattie. I partiti operai e i sindacati furono sciolti e
sostituito dal Fronte tedesco del lavoro,
un ente posto sotto il controllo del partito. Le autonomie locali furono
abolite e si passò a un sistema amministrativo interamente centralizzato.
Il rogo dei libri e la fuga degli intellettuali
Al fine di
indottrinare il popolo tedesco inculcando i valori nazisti, il ministero della
propaganda operò uno stretto controllo sul mondo della cultura e dell’arte. Nel
maggio del 1933 vennero bruciati i lavori di autori considerati nocivi
per la cultura tedesca (Proust, Zola, Marx, Freud e altri) in un “falò dei
libri proibiti”, architettato da Goebbels,
ormai padrone assoluto anche della stampa. Il 6 luglio, la ‘rivoluzione
nazista’ era conclusa e poco dopo furono vietati i partiti: l’unico
partito riconosciuto era quello nazista, che coincideva ormai con lo stato
stesso.
«Logica
conseguenza di tale atteggiamento repressivo anche in campo intellettuale, che
si unì ai forti sentimenti antisemiti che
animavano l’ideologia nazista, fu la decisione, presa da numerosi scienziati
(come Albert Einstein e Sigmund Freud), scrittori (come Bertolt Brecht e Thomas Mann)
e artisti (come l’architetto Walter Gropius e il regista Fritz Lang) ebrei - ma non solo - di emigrare all’estero, ponendo
così drammaticamente fine alla splendida stagione culturale fiorita durante la
Repubblica di Weimar. Coloro che rimasero dovettero dimostrarsi entusiasti
sostenitori del regime e le stesse università
tedesche, tra le più prestigiose sullo scenario mondiale,
dovettero piegarsi ai dettami e all’ideologia del regime».
La notte dei lunghi coltelli
Dopo aver
eliminato gli avversari ora i nazisti dovevano schiacciare le opposizioni
interne. Le SA, che, la guida di Ernst Rohm, volevano schierarsi contro gli
industriali e la grande economia in nome del programma originario del movimento.
In tal modo però Rohm si attirò l’odio della casta militare. Per mantenersi al
potere Hitler non poteva inimicarsi i militari e perciò tra il 29 e il 30
giugno del 1934 gran parte dei dirigenti delle SA furono assassinati
insieme a uomini politici conservatori che avrebbero potuto far concorrenza ad
Hitler e ad alcuni alti ufficiali dell’esercito. Il massacro fu poi
giustificato con il pretesto di un colpo di stato che le SA avrebbero
organizzato.
La morte del presidente della Repubblica: Hitler e il
potere illimitato
Nell’agosto
del 1934 morì il presidente della repubblica Hindenburg, ed Hitler
ne assunse la carica: il suo potere ormai era senza limiti, essendo al
contempo capo dello stato, del governo e delle forze armate. Il tutto fu
ratificato da un plebiscito.
I nemici del Nazismo e la repressione
«Fin
dal 1933 furono inoltre istituiti appositi campi
di concentramento (in tedesco Lager), dal 1936
affidati alla supervisione delle SS, nei quali rinchiudere tutti i dissidenti politici e religiosi, gli
ebrei e gli zingari - “razze”
inferiori, da segregare e sottomettere -, nonché i cosiddetti “asociali” (cioè
quegli individui, come gli omosessuali, i malati di mente o i delinquenti
comuni, i cui comportamenti non si adeguavano alle norme sociali “ariane”)».
Il controllo della giustizia
«Per
consolidare il proprio potere, i nazisti avevano bisogno di controllare, oltre
al potere esecutivo e legislativo, anche quello giudiziario. Pertanto,
abolirono il principio dell’indipendenza della magistratura e nel 1934
istituirono un’apposita Corte
del Popolo (Volksgerichtshof)
per giudicare i casi di “tradimento” nei confronti dello Stato, le cui sentenze
erano inappellabili. Già in precedenza era stato introdotto un Tribunale speciale, responsabile
per le cause concernenti crimini politici, che erano sottratte ai tribunali
ordinari.
All’interno
del Terzo Reich
ebbero un ruolo fondamentale anche i corpi
di polizia, che costituivano il braccio armato del potere. Uno
dei più terrificanti simboli dell’apparato repressivo hitleriano fu la Gestapo (acronimo di Geheime Staatspolizei, “polizia segreta
di Stato”)». Dal 34 la Gestapo, che poteva praticare anche la tortura, fu
gestita dalle SS e dal 36 fu posta al di
sopra della legge, indipendente da ogni tribunale.
L’indottrinamento della società tedesca
«In modo simile alla dittatura fascista, e per molti
aspetti ancora più di essa, il nazismo realizzò un tipo di regime politico che
gli storici hanno definito “totalitario”.
Fu lo stesso Hitler, già nel 1933, ad affermare esplicitamente la
sua volontà di creare in Germania uno “Stato
totale”, in grado di controllare in modo capillare la società e
la vita di ogni membro del popolo, inteso come una comunità che avrebbe dovuto
identificarsi completamente, per l’appunto, con lo Stato. L’idea di fondo, comune
a tutti i regimi totalitari, era che l’individuo, e con lui la sua stessa
libertà, potesse e dovesse essere sacrificato in nome degli interessi
collettivi». L'opera di indottrinamento fu affidata a Joseph Goebbels, che ebbe il ministero della propaganda e della
cultura popolare. Per condizionare i giovani fu creata la Gioventù Hitleriana (HJ), nella quale entravano i ragazzi a partire
dai 10 anni di età. L'appartenenza
alla HJ venne resa obbligatoria per i giovani di età superiore a 14 anni nel
1939. Attraverso le adunate di massa che si concludevano con infuocati discorsi
di Hitler i tedeschi impararono a identificarsi con il loro capo carismatico. Allo scopo di celebrare il regime furono realizzate
anche opere cinematografiche come Il
trionfo della volontà della regista Leni Riefenstahl, che documentava un congresso del partito
nazista del 1934 a Norimberga in cui era glorificata ed esaltata figura di
Hitler.
Gli ebrei: il principale bersaglio politico di Hitler
«Facendo leva sui
tradizionali sentimenti antigiudaici diffusi nella popolazione cristiana
europea fin dall’antichità (gli ebrei erano infatti accusati di essere gli
uccisori di Cristo) e sull’immagine, frutto invece dell’età del capitalismo,
dell’ebreo “avido commerciante borghese”, occulto corruttore della società
attraverso il denaro, il nazismo sostenne che gli ebrei fossero i principali
responsabili della crisi sociale ed economica in cui da lungo tempo versava la
Germania. Essi divennero insomma il capro
espiatorio cui addossare la colpa di tutti i “mali” della
modernità (la democrazia, il liberalismo, il marxismo, il capitalismo stesso).
Alla base di tali orientamenti antisemiti non mancavano motivazioni di ordine economico: gli ebrei ricoprivano
posizioni cardine nel mondo dell’industria e della finanza, e le loro ingenti
ricchezze - in termini sia di capitali sia di patrimoni fondiari - attiravano
gli interessi del Partito, desideroso di incamerarle (cosa che effettivamente avvenne a partire dal
1938)».
Nel 1933
una legge impediva agli Ebrei di lavorare nell’amministrazione statale, nelle
scuole e nel giornalismo. Con le leggi di Norimberga (1935), era vietato
il matrimonio tra ‘ariani’ ed ebrei. Tutti i non tedeschi furono esclusi dal
diritto di cittadinanza, e gli ebrei vennero privati di qualunque diritto
civile.
La notte dei cristalli e l'inizio della persecuzione
di massa
«A partire dal 1938, la persecuzione antiebraica conobbe una radicalizzazione, direttamente collegata alla sempre
più forte aggressività manifestata dal regime anche sul piano della politica
internazionale. Si moltiplicarono dunque
nel paese, e in particolare nella capitale Berlino, gli atti di violenza contro
gli ebrei. Fu però l’attentato ai danni del diplomatico tedesco Ernst von Rath, avvenuto il 7 novembre di quell’anno a Parigi da parte di
un giovane ebreo polacco, a fornire ai nazisti il pretesto per scatenare un
vero e proprio pogrom
antiebraico. Nella notte tra l’8 e il 9 novembre, uomini
del partito, quasi tutti in borghese, distrussero i negozi degli ebrei,
appiccarono il fuoco a 177 sinagoghe, assalirono gli israeliti nelle loro
stesse abitazioni e trafugarono beni del valore di svariati miliardi di marchi.
Dopo la “notte dei cristalli” (così
definita perché le vetrine dei negozi e dei luoghi di culto furono infrante),
gli ebrei iniziarono altresì a essere deportati nei campi di concentramento».
Dai campi di concentramento a quelli di sterminio
Con lo scoppio
della guerra (1 settembre 1939), e la progressiva annessione di nuovi
territori, la popolazione ebraica aumentò, e la persecuzione mutò in una vera e
propria politica di sterminio di massa. Dopo la Conferenza di Wannsee (sobborgo di Berlino) le uccisioni degli
internati dei lager vennero realizzate in modo sistematico con l'utilizzo delle
camere a gas. Tra i campi di
sterminio il più noto è quello polacco ad Auschwitz. Dal 1939 fu autorizzata
anche l’eutanasia medica, per i tedeschi affetti da handicap fisici e
mentali.
La creazione di nuovi posti di lavoro
Con
l’avvento del nazismo al governo, la Germania era ancora un paese
segnato da una disoccupazione e da un’inflazione gravissime. Per
sanare il debito pubblico vengono stanziati 5 miliardi di marchi allo scopo di
creare posti di lavoro, in particolare nel settore delle grandi opere pubbliche
(es: moderna rete autostradale) ed in quello dell’industria militare.
L'industria automobilistica (Wolkswagen) conobbe un netto rilancio. La
disoccupazione scese dai 5,5 milioni nel 1932 a 1,5 nel 1936 e, grazie alle
commesse militari, la piena occupazione a partire dal 1938.
La guerra: l'unica via per la totale autosufficienza
Alla fine
del 1938 a causa delle enormi spese militari, il bilancio della Germania era in
deficit, e l’unica alternativa al prendere accordi con gli altri paesi era
la guerra.
«Tale
politica di evidente impronta bellicista, che contravveniva alle clausole del
trattato di Versailles del 1919, non poteva non avere ripercussioni sulle relazioni internazionali. Già
nel 1933, nella Conferenza di Ginevra convocata
dalle potenze mondiali - Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Urss, Giappone, Italia e
la stessa Germania - per trovare un accordo sugli armamenti, fu annunciata l’uscita della Germania dalla
Società delle Nazioni. Due anni dopo fu invece reintrodotta la leva obbligatoria nell’esercito, abolita
dalla pace di Versailles. Hitler si preparava così, con il sostegno della
società tedesca, a dare avvio a quella politica aggressiva ed espansionistica
che di lì a poco avrebbe fatto precipitare l’Europa e il mondo nel più
catastrofico conflitto di tutta la storia umana: la Seconda guerra mondiale».
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