Nell'arte dionisiaca e nel suo simbolismo tragico la stessa natura ci
parla con la sua voce vera e aperta: "Siate come sono io! Nell'incessante
mutamento delle apparenze, la madre primigenia, eternamente creatrice, che
eternamente costringe all'esistenza, che eternamente si appaga di questo
mutamento dell'apparenza!
Anche l'arte dionisiaca vuole convincerci dell'eterna gioia
dell'esistenza: senonché dobbiamo cercare questa gioia non nelle apparenze, ma
dietro le apparenze. Dobbiamo riconoscere come tutto ciò che nasce debba essere
pronto a una fine dolorosa, siamo costretti a guardare in faccia gli orrori
dell'esistenza individuale - e tuttavia non dobbiamo irrigidirci: una
consolazione metafisica ci strappa momentaneamente al congegno delle forme
mutevoli. Per brevi attimi siamo veramente l'essere primigenio stesso e ne
sentiamo l'indomabile brama di esistere e piacere di esistere; la lotta, il
tormento, l'annientamento delle apparenze ci sembrano ora necessari, data la
sovrabbondanza delle innumerevoli forme di esistenza che si urtano e si
incalzano alla vita, data la strabocchevole fecondità della volontà del mondo;
noi veniamo trapassati dal furioso pungolo di questi tormenti nello stesso attimo
in cui siamo per così dire divenuti una cosa sola con l'incommensurabile gioia
originaria dell'esistenza, e in cui presentiamo, in estasi dionisiaca,
l'indistruttibilità e eternità di questo piacere. Malgrado il timore e la
compassione, noi viviamo in modo felice, non come individui, in quanto siamo
quell'unico vivente, con la cui gioia generativa siamo fusi.
(F. Nietzsche, La
Nascita della Tragedia,Adelphi, pp.111-112)
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