Nei dialoghi del De
l’infinito universo e mondi (1584) si trova l'esposizione più completa e
sistematica della cosmologia e della fisica bruniana, i cui tratti essenziali
erano stati già anticipati nella Cena
delle ceneri, di pochi mesi precedente.
Tra gli interlocutori, oltre a Filoteo, che presenta le tesi
di Bruno, compaiono Fracastorio, cioé, Girolamo Fracastorio, medico filosofo e
astronomo italiano della prima metà del Cinquecento, del quale era appena stata
ristampata l'opera di astronomia Homocentricorum
sive de stellis liber; due personaggi dai nomi immaginari, Elpino e Burchio,
che con diverso atteggiamento sostengono le teorie fisiche e astronomiche tradizionali;
Nel brano che segue,
tratto dal primo dialogo, viene presentato uno degli argomenti fondamentali
addotti da Bruno a favore dell'infinità dell'universo. Dopo aver negato, nelle pagine precedenti.,
la possibilità di fornire prove osservative dell'infinità dell'universo, e
quindi la possibilità di appoggiarsi all'autorità del senso per discutere
dell'infinito, l'argomentazione bruniana si svolge in forma rigorosamente razionale.
FILOTEO
In questo siamo
concordanti, quanto a l'infinito incorporeo.
Ma che cosa fa che non sia convenientissimo il buono, ente, corporeo
infinito? O che repugna che l'infinito, implicato nel semplicissimo ed
individuo primo principio non venga esplicato più tosto in questo suo simulacro
infinito ed interminato, capacissimo de innumerabili mondi, che venga esplicato
in si angusti margini, di sorte che par vituperio il non pensare che questo
corpo, che a noi par vasto e grandissimo, al riguardo della divina presenza non
sia che un punto, anzi un nulla?
ELPINO
Come la grandezza de Dio
non consiste nella dimensione
corporale in modo alcuno (lascio che non li aggionge nulla il mondo), cossì la
grandezza del suo simulacro non doviamo pensare che consista nella maggiore e
minore mole di dimensioni.
FILOTEO
Assai bene dite, ma non
rispondete al nervo della raggione; perché io non richiedo il spacio infinito,
e la natura non ha spacio infinito, per la dignità della dimensione o della
mole corporea, ma per la dignità delle nature e specie corporee; perché incomparabilmente
meglio in innumerevoli individui si presenta l'eccellenza infinita, che in
quelli che sono numerabili e
finiti. Però bisogna che di un
inaccesso volto divino sia un infinito simulacro, nel quale, come infiniti
membri, poi si trovino mondi innumerabili, quali sono gli altri. Però, per la raggione de innumerabili gradi
di perfezione, che denno esplicare la eccellenza divina incorporea per modo
corporeo, denno essere innumerabili individui, che son questi grandi animali
(de quali uno é questa terra, diva madre che ne ha parturiti ed alimenta e che
oltre non ne riprenderà), per la continenza di questi innumerabili si richiede
un spacio infinito. Nientemeno dunque è
bene che siano, come possono essere, innumerabili mondi simili a questo, come
ha possuto e può essere ed é bene che sia questo.
ELPINO
Diremo che questo mondo
finito, con questi finiti astri, comprende la perfezione de tutte cose.
FILOTEO
Possete dirlo, ma non già
provarlo; perché il mondo che é in questo spacio finito, comprende la
perfezione di tutte quelle cose finite che son in questo spacio, ma non già
dell'infinite che possono essere in altri spacii innumerabili.
FRACASTORIO
Di grazia, fermiamoci, e
non facciamo come i sofisti li quali disputano per vencere, e mentre rimirano
alla lor palma impediscono che essi ed altri non comprendano il vero. (…) Contentati dunque, Elpino, di ascoltar
altre raggioni, se altre occorreno al Filoteo.
ELPINO
lo veggo bene, a dire il
vero, che dire il mondo, come dite voi l'universo, interminato non porta seco
inconveniente alcuno, e ne viene a liberar da innumerabili angustie nelle quali
siamo avilupati dal contrario dire.
(….) Pure vorrei udire
quel che resta di raggione del principio e causa efficiente eterna: se a quella
convegna questo effetto di tal sorte infinito, e se per tanto in fatto tale effetto
sia.
FIILOTEO
Questo é quel che io dovevo aggiongere. Perché, dopo aver detto l'universo dover
essere infinito per la capacità ed attitudine del spacio infinito, e per la
possibilità e convenienza dell'essere di innumerevoli mondi, come questo;
resta ora provarlo e dalle circostanze dell'efficiente che deve averlo produtto
tale, o, per parlar meglio, produrlo sempre tale, e dalla condizione del modo
nostro de intendere. Possiamo più
facilmente argumentare che infinito spacio sia simile a questo che veggiamo,
che argumentare che sia tale quale non lo veggiamo né per esempio né per
similitudine né per proporzione né anco per immaginazione alcuna la quale al
fine non destrugga se medesima. Ora, per
cominciarla: perché vogliamo o possiamo noi pensare che la divina efficacia sia ociosa? perché vogliamo dire
che la divina bontà la quale si può communicare alle cose infinite e si può
infinitamente diffondere, voglia essere scarsa ed astrengersi in niente, atteso
che ogni cosa finita al riguardo de l'infinito é niente? perché volete quel
centro della divinità, che può infinitamente in una sfera (se cossì si potesse
dire) infinita amplificarse, come invidioso, rimaner più tosto sterile che
farsi comunicabile, padre fecondo, ornato e bello? voler più tosto comunicarsi
diminutamente e, per dir meglio, non comunicarsi, che secondo la raggione della
gloriosa potenza ed esser suo? perché deve esser frustrata la capacità
infinita, defraudata la possibilità de infiniti mondi che possono essere,
pregiudicata la eccellenza della divina imagine che deverebe più risplendere
in uno specchio incontratto e secondo il suo modo di essere infinito, immenso?
perché doviamo affirmar questo che, posto, mena seco
tanti inconvenienti e, senza faurir leggi, religioni, fede o moralità in modo
alcuno, distrugge tanti principio di filosofia?
(…)
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